Recensione: Cradle to Grave

Di Matteo Lavazza - 13 Febbraio 2005 - 0:00
Cradle to Grave
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Genere:
Anno: 2004
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75

I Cradle to Grave fanno parte di una folta schiera di gruppi che navigano nell’underground nordamericano senza piegarsi alle regole “nu” che impone MTV da quelle parti, e questo è a mio parere già un grosso merito.
I CTG arrivano dal Canada, e la loro proposta musicale si potrebbe definire come un Thrash molto influenzato dai pantera, soprattutto a livello vocale, infatti fin dall’iniziale “As we Lay Dying” la somiglianza tra la voce di Phil Anselmo e quella di Greg Cavanagh è impressionante. Anche musicalmente il gruppo si muove su coordinate stilistiche che ricordano i cowboys from hell, riuscendo però a dare un impronta personale ben definita al tutto.
La band predilige solitamente atmosfere piuttosto rallentate e cupe, anche se non disdegna puntate sulla velocità, come in “Projectile”, davvero una mazzata incredibile, resa ancora più cattiva da un break centrale rallentato che spacca davvero le ossa.
È davvero incredibile la cattiveria che il gruppo riesce a mettere in tutte le composizioni, senza però mai scadere nella ripetitività, ci sono infatti pezzi che riescono a stupire per le soluzioni trovate, come per esempio “Just Cause”, aperta da un riff tremendamente Sabbathiano, per poi esplodere invece in un pezzo violento all’inverosimile, violenza che però a volte sfocia in un caos non molto organizzato, soprattutto per quello che riguarda le linee vocali, oppure in “What I Say”, in cui delle ritmiche quasi melodiche fanno da contrasto alla solita aggressività vocale di Cavanagh.
Brani come “Sunrise Sunset”, “The Manipulated Dead”, “Across the Sky”, “Bleeding Heaven” o la conclusiva “Crown of Snakes” mettono in mostra la capacità del gruppo di creare dei tappeti ritmici davvero molto particolari, dotati di un senso della melodia molto strano, che di sicuro aiuta parecchio i CTG ad avere una personalità musicale molto spiccata, pur senza andare a cercare soluzioni intricate o troppo distanti dalla tradizione musicale americana.
Ci sono poi brani come “Southern Oak” e “Shut my Eyes” che si distinguono dal resto dei pezzi grazie ad una spiccata attitudine Rock n’ Roll, il tutto reso in maniera davvero brutale e cattiva, soprattutto a livello vocale, per un risultato che, se in un primo momento può lasciare un po’ spiazzati, alla fine mi ha decisamente esaltato.
C’è poi “Wounded”, una stranissima ballad dalle tinte oscure, che mi ha ricordato ancora una volta certe cose dei Pantera d’annata, ma anche in questo caso il combo canadese è riuscito a donare al tutto un tocco personale che fa sì che il brano risulti dannatamente interessante.
“Nuclear Flowers” è invece una canzone strana all’inverosimile, infatti parte cattiva e violenta come al solito, salvo poi inserire a metà pezzo una parte ripresa dalla tradizione disco dance anni ’70, il che è sicuramente un idea originale, ma a mio parere forse in questo caso si è un po’ esagerato, la canzone infatti più che stupirmi mi ha strappato solo un sorriso divertito, niente di più.
I suoni purtroppo, pur essendo in grado di far risaltare tutti gli strumenti, mi sono sembrati poco aggressivi e potenti per la musica proposta dal gruppo, infatti le chitarre avrebbero dovuto, secondo me, risultare più cattive e massicce per poter far rendere al massimo le composizioni.
Tecnicamente il gruppo è piuttosto valido, in particolar modo nelle ritmiche tutto il gruppo fa davvero un gran lavoro, mentre ci sono pochissime tracce degli interventi solisti, ma con canzoni compatte come quelli presenti sul disco forse si sarebbe perso un po’ di impatto mettendo troppi assoli.
In chiusura posso dire che i Cradle to Grave sono un buon esempio di come l’underground dall’altra parte dell’oceano sia sempre vivo, e tutto sommato anche in buona salute, adesso spero che in futuro la band riesca ad incanalare meglio la sua aggressività, che a volte non è ben indirizzata a sfocia in arrangiamenti troppo caotici, certo che trovare un gruppo in grado di infondere il proprio marchio in maniera così profonda sulle canzoni al giorno d’oggi è tutt’altro che semplice.

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