Recensione: Crime Always Pays…

Di Nicola Furlan - 7 Ottobre 2010 - 0:00
Crime Always Pays…
Band: Swashbuckle
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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Con “Crime Always Pays…” gli Swashbuckle segnano la terza tappa di un percorso musicale intransigente fatto di canzoni strutturate secondo tre dettami inderogabili: thrashcore, melodic death metal e folk caraibico.
Ricetta già sperimentata in passato con le pubblicazioni di “Crewed by the Damned” (2006) e “Back to the Noose”, dello scorso anno.

Qualche sporadico passo avanti in termini di qualità compositiva è stato fatto. Nulla di trascendentale! La band resta ancorata al largo della propria isola (in)felice senza osare più di tanto in arrangiamenti e melodie. Così come accadeva in passato, pure in questa occasione la track-list viene infarcita di intermezzi dal gusto musical-popolare, anche se vagamente più malinconici rispetto ai trascorsi. I testi narrano storie di pirati, mentre le ritmiche puntellano con martellante e rapido colpo un songwriting dai tratti epici e sottilmente romantici.
A parer di chi scrive, è questa caratteristica ‘emotiva’ a identificare maggiormente “Crime Always Pays…” rispetto ai due lavori precedenti, sostanzialmente omogenei per connotati distintivi. Non che in questo full-length i brani si presentino poetici o languidi, tutt’altro! Admiral Nobeard e compagni pestano di brutto, frustano e danno vita a scorribande zotiche e maleducate; ma sanno anche aver pietà di chi ascolta grazie a un tocco più raffinato, un po’ meno rozzo del passato.

Il male è che i punti a favore si riducono a quanto appena esposto. Tante infatti le pecche di questo arrembaggio. Constatando che si tratta pur sempre di musica dall’accentuata vena *-core, la carenza di soli, la penuria di dinamiche vocali in grado di rendere avvincente l’azione e la sostanziale ripetitività delle idee non dà adito a riscontri favorevoli. Dopo appena qualche brano, l’ascolto si fa monotono in quanto privo di slanci e ritornelli caratteristici.
Vi sembrerò esagerato e disfattista ma, oltre ai (quattro …) piacevoli intramezzi acustici, l’unica canzone in grado di raggiungere la sufficienza è “Where Victory Is Penned”, piccola perla preziosa in un forziere di chincaglierie senza alcun valore.
La prestazione vocale di Admiral Nobeard è di una linearità disarmante e pure il supporto delle backing vocals – via ugola Commodore RedRum – sfiora l’imbarazzante. Il drumming è assimilabile a un’isterica azione su una vecchia macchina da scrivere sebbene, a voler proprio trovare qualcosa di riuscito, il nuovo arrivato alle pelli, Bootsmann Collins, se la cava meglio dell’ex, Captain Crashride.
La produzione si allinea al fallimento compositivo di “Crime Always Pays…” in quanto fredda e impersonale, oltre che inadeguata a enfatizzare gli sporadici attimi di pseudo-groove, tra l’altro parzialmente riusciti.

In definitiva: no, non ci siamo ancora!
Poiché l’ironia dovrebbe essere una prerogativa d’ogni pirata che si rispetti, di certo i tre personaggi non s’inquieteranno se si dovesse prendere in prestito il titolo di un loro brano per una considerazione tanto goliardica quanto sentita – “You Bring The Cannon, We’ll Bring The Balls” – per sintetizzare il loro lavoro.

Cari Swashbuckle, fate per caso riferimento a quelle che c’avete fatto venire dopo aver ascoltato questo disco?

Nicola Furlan
 

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Tracklist:
01 Slowly Wept The Sea        
02 We Are The Storm        
03 This Round’s On YOU!    
04 Powder Keg        
05 Where Victory Is Penned        
06 Of Hooks And Hornswogglers        
07 A Time Of Wooden Ships And Iron Men        
08 Crime Always Pays        
09 Raw Doggin’ At The Raw Bar        
10 The Gallow’s Pole Dancer        
11 Legacy’s Allure        
12 At The Bottom Of A Glass        
13 To Steal A Life        
14 You Bring The Cannon, We’ll Bring The Balls        
15 Surf-N-Turf (For Piratical Girth)        
16 Rope’s End    

Formazione:
Admiral Nobeard: Voce, basso
Commodore RedRum: Chitarra
Bootsmann Collins: Batteria
 

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