Recensione: Cry out for Metal

Di Stefano Ricetti - 13 Marzo 2015 - 0:10
Cry out for Metal
Band: Vampyr
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2014
Nazione:
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72

Cry out for Metal è il frutto di un’operazione di recupero di album del passato da parte della label messicana Under Fire Records. Il disco rappresenta l’unico vagito ufficiale dei Vampyr, formazione tetesca di Cermania dall’immagine superborchiata splendidamente tamarra, a la Judas Priest/Running Wild dell’epoca. A metallizare ulteriormente il look, i cinque defender di Ulm aggiungono spuntoni alle borchie e al cuoio – tipo quelli utilizzati da Thor, ma in acciaio, non in gomma! – che li ricopre, così da creare un tutt’uno con la loro proposta: heavy fucking metal purissimo dall’headbanging assicurato.

Come scritto dal chitarrista Ralf Hollmer all’interno del booklet accompagnatorio – formato da dodici pagine, con numerose foto della band, tutti i testi e note varie – l’album venne registrato nel 1985 presso gli Spygel Studios, in una sola settimana. Con la giusta ironia l’ascia dei Vampyr ammette che, se da un punto di vista prettamente musicale l’accoglienza da parte della critica teutonica fu positiva, altrettanto non avvenne nei riguardi del loro look, che provocò reazioni ilari, per usare un eufemismo. L’anno successivo, con una dozzina di pezzi pronti, per i soliti problemi che affliggevano le band in quegli anni – evidentemente non solo in Italia – non riuscirono a cristallizzarli su di in un ellepì vero e il gruppo, di lì a poco, a causa anche di alcune defezioni, si sciolse per sempre.      

Ad accomunare ulteriormente la situazione tedesca alla nostra, Hollmer, molto onestamente, dichiara che a Ulm e dintorni, invece di cercare un’unità di intenti, le varie compagini si facevano una concorrenza spietata, che di certo non aiutò riguardo la sopravvivenza del progetto del quale faceva parte. Gruppi dai nomi sufficientemente altisonanti, mica cudeghìn di bassa lega: Tyrant, Gravestone, Stormwitch, Stranger e, appunto, Vampyr. L’uscita Under Fire Records si completa con un inedito (Priest) e l’intero disco suonato in veste live nell’aprile 1986 durante delle TV session.    

Musicalmente Cry out for Metal è un crogiuolo di Acciaio, con i titoli dei dieci pezzi originari che lo compongono assimilabili a dei veri slogan: Sinner, Metal Hymn, Warrior, Breakin’ Metal, ad esempio. Subito una band per inquadrare la loro “botta”: Skanners! Incredibile, infatti, la somiglianza fra la timbrica dell’uomo proveniente dal Baden-Württemberg Wolfgang Schwarz, cantante dei Vampyr e quella di Claudio “Klaus” Pisoni, frontman degli altoatesini.

In dettaglio, appena dopo l’intro Oath, Sinner si presenta con la veemenza del chitarrismo celebrato anni fa dai T.T. Quick, poi è un incedere a la Skanners a dettare le regole del gioco, anche se va rimarcato che il debutto dei bolzanini, Dirty Armada, raggiunto dopo dei demo già in circolazione nei primi anni Ottanta, avvenne solamente nell’86. Certo è che i Vampyr mostrano una veemenza maggiore di Pisoni, Tenca & Co. ma allo stesso tempo non riescono a uguagliarne la magia nel songwriting. Indianapolis è una corsa impazzita, Hell Bent Angels vive di Judas Priest/Accept, da segnalare i duelli fra le due asce vampiresche in Scytherman. Quella che una volta era la side B si apre con Mercy Killing, che non si discosta dalla cifra classica dei Vampyr la quale segna un cambio in Metal Hymn, a sterzare verso la potenza e l’epica in spike&leather. Piede premuto sull’acceleratore in Warrior, a seguire la stentorea Breakin’ Metal, debitrice dei Sacerdoti di Birmingham e chiusura affidata alle acciaiose cure fornite da Vampyr, pezzo sostanzialmente in linea con il resto. Niente di che l’inedita Priest, invero, registrata pure male e poi spazio ai Vampyr in versione live fino al termine.          

Cry out for Metal: Acciaio killer tedesco al 100%, senza fronzoli e inutili orpelli, come da Tradition!  

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

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