Recensione: Cuatro

Di Andrea Bacigalupo - 31 Marzo 2016 - 13:55
Cuatro
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 1992
Nazione:
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80

“Cuatro” è il quarto album della band statunitense Flotsam and Jetsam. È uscito nel 1992, anno in cui la musica stava subendo ‘modificazioni’. I Black Sabbath pubblicavano “Dehumanized” con la loro seconda formazione storica, con R.J DIO (R.I.P) alla voce e Vinnie Appice alla batteria, gli Iron Maiden stampavano “Fear of the Dark”, i Megadeth ed i Testament presentavano rispettivamente “Countdown to Extinction” e “The Ritual” (tutte band presenti, il 12 aprile di quell’anno, alla terza edizione del festival “Monsters of Rock” tenutosi a Reggio Emilia). I gruppi che in quel periodo, avevano avuto più successo sono stati i Rage against the Machine, gli Alice in Chains e i Faith no More che, alla ricerca di qualcosa di nuovo, sperimentavano fondendo il Metal con altri stili.

Il prodotto di questa tendenza piaceva agli ascoltatori dell’epoca, tanto che alcuni gruppi estremi rinunciavano a velocità e brutalità per comporre qualcosa di più commerciale ai fini di richiamare un più vasto e vario genere di pubblico. I “Flotsy”, come affettuosamente chiamati dai fans, invece dimostrarono un coraggio da leoni, tirando fuori dal cilindro “Cuatro”, un album veramente con le “palle” che di commerciale non aveva niente. il disco è suonato senza compromessi, pur se molto diverso rispetto alle loro produzioni passate.
Mi spiego meglio: nei primi due lavori, “Doomsday for the Deceiver” e “No place for Disgrace”, la maggior parte delle composizioni erano dominate dalla velocità e da repentini cambi di tempo, elementi coesi in modo talmente convincente ed originale da essere il punto di partenza di quel sotto-genere che poco più avanti sarà chiamato ”Techno Thrash”.
D’altro canto, ascoltando brani come “Escape from Within” (da “No place for Disgrace”) si capisce che i Flotsam and Jetsam non volevano fossilizzarsi solo su quello stile, proponendo, fin dagli esordi anche brani sì sempre molto potenti, ma contraddistinti da tempi più cadenzati e pesanti. Era quindi già in corso una nuova evoluzione targata NWOBHM.
Quanto sopra è ancora più evidente nel terzo disco, “When the Storm Comes Down”, ma la trasformazione definitiva la raggiungono con  “Cuatro”.

La composizione, ispirata come detto dall’Heavy Metal più classico, privilegia il tempo medio (otto pezzi), ma non esclude quello fast (quattro pezzi) senza però estremizzarlo, ottenendo un disco compatto e fluido, caratterizzato da un’apparente struttura semplice che ne consente l’immediato apprezzamento.
Anche il numero e la durata dei singoli pezzi sono stati azzeccati. Non si ascoltano canzoni noiose, già sentite ovvie o scontate. Si arriva in fondo all’album senza accorgersi che son passati quasi cinquantadue minuti!

L’album è energia pura, come dimostra subito la prima track “Natural Enemies”. Ad ascoltarlo si respira la magia del più potente “dark sound” dei pionieri Black Sabbath, reso contemporaneo dall’ottima produzione; brani come “Wading Through the Darkness” o “Secret Square” restano incollati addosso come vestiti bagnati dalla pioggia. Tutte le tracce potrebbero essere eseguite dal vivo, ulteriore prova dell’ottimo risultato compositivo raggiunto: maturo e coinvolgente.

Bravi tutti i componenti che proprio “cianfrusaglie” (significato di “Flotsam and Jetsam”…) non sono. Un elogio particolare lo merita il cantante, Eric A. “A.K.” Knutson, che sfodera una voce piena di melodia ed interpretazione, ma al contempo potente. Il suo contributo rende il disco unico senza punte di estremismo vocale di difficile riproduzione dal vivo. Questa performance è stata sicuramente raggiunta con sacrificio e duro lavoro. Ben pochi altri cantanti Thrash dell’epoca hanno dimostrato pari capacità evolutive (e durature, considerando l’ultimo “Ugly noise”).
La sezione ritmica è dura e decisa; per quanto riguarda gli assoli, le due asce Carlson e Gilbert fanno la loro parte senza particolari virtuosismi, dei quali il disco non ne paga comunque pegno. Non risultano mai troppo lunghi e fini a se stessi e si accorpano bene nel contesto di ogni singola canzone.
Venendo alla sezione ritmica, preme ricordare che uno dei fondatori dei “Flotsy” è stato Jason Newsted, passato poi ai Metallica. Rimane leggendario il suo contributo su “Doomsday for the Deceiver”. Su “Cuatro”, come su altri album della band dell’Arizona, Jason non fa pesare la sua assenza anche se c’è da evidenziare che tutti i bassisti che si sono succeduti in formazione, causa l’enorme ed inimitabile talento del loro predecessore, sono sempre rimasti (immeritatamente) un po’ in ombra, pur essendo stati pure loro assai capaci.

“Cuatro”  è un album ancora oggi fresco ed attuale, senza fronzoli, che non teme confronti con le grandi produzioni sia dell’epoca che odierne, e nemmeno con i grandi album del genere che la Storia ci ha regalato.

Curiosità: “Cuatro” è stato ristampato nel 2008 con l’aggiunta di cinque brani extra, dei quali però tre sono sempre “Wading Through the Darkness”. Va bene che la canzone è forse la più sinificativa dell’album, ma avremmo preferito fossero inclusi, al posto di tre ripetizioni, qualche inedito o qualche b-side…
Il mio personale giudizio sull’album non può che essere: “brillante”. Invitiamo tutti i lettori ad ascoltarlo.

Andrea Bacigalupo

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