Recensione: D.C. Cooper

Di Nicola Furlan - 25 Aprile 2007 - 0:00
D.C. Cooper
Band: D.C. Cooper
Etichetta:
Genere:
Anno: 1999
Nazione:
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85

Non lascia trascorrere neanche un anno dallo split con i Royal Hunt avvenuto nel 1998, che D.C. Cooper immerge tutta anima e ugola in questa esperienza solista. Libero di esprimere se stesso al 100% ed altrettanto orgoglioso per la grande attesa dei fan sa di dover offrire il massimo di sè. Obiettivo raggiunto con questo omonimo disco che si erge a manifesto dei suoi lati più brillanti. Per l’occasione viene programmata una line-up di tutto rispetto che comprende i Pink Cream 69 Dennis Ward, Kosta Zafiriou e Alfred Koffler, Tore Østby degli Ark e mastermind dei Conception nonché Günter Werno dei Vanden Plas.

L’impressione a primo ascolto è quella di essere di fronte ad un album di grande valore artistico. Il variopinto ventaglio delle sonorità fa sfoggio dei colori di Hard Rock, Class Metal, Pomp Rock, Progressive Metal e AOR, con uno spesso nodo melodico a ricollegare il presente con i trascorsi prog/power dell’appena conclusa era Royal Hunt. Il sound che se ne determina è maestoso ed aristocratico, non di rado imprevedibile soprattutto grazie ad alcuni passaggi armonici molto curati. Passaggi approntati dalla mano sapiente di un architetto della composizione del calibro di Tore Østby (chi non ricorda il suo operato in Burn the Sun?), che non di meno spicca per qualità nelle sinuose parti soliste.
Ma è la necessità di fornire un adeguato corredo strumentale a supporto della voce il compito più arduo. Anche perché il singer non va molto per il sottile quando si mette dietro il microfono, correndo così il rischio di mettere troppo in sordina gli aspetti strumentali. Ma il talento dei singoli strumentisti paga e la scelta di certi personaggi ha il suo giusto riscontro.
A conti fatti si identifica in Günter Werno la pedina decisiva nello scacchiere del singer statunitense. Il tastierista sfodera per l’occasione tutta la sua classe sopraffina, così da amplificare l’effetto aureo dell’opera. Ritmiche varie, definite e ricamate con perizia sono un’altra caratteristica peculiare del full-length, che si presenta al pubblico lucido e splendente come un piccolo gioiello. Inutile citare un episodio piuttosto che un altro: la qualità si attesta sempre su livelli elevati, dalla prima all’ultima canzone.
Chiuso questo scrigno di gemme musicali, ci pensa un tocco di magniloquente sinfonia a suggellare brillantemente l’opera. La produzione dal canto suo è pressoché perfetta. Curata in ogni particolare, in ogni sfumatura. Un equilibrio di suoni che complessivamente ha il grande pregio di colmare ogni vuoto, ogni respiro, bilanciando perfettamente l’energia delle chitarre con la teatralità delle melodie.

D.C. Cooper è un personaggio vincente in campo musicale, non c’è niente da fare. La sua storia ormai è fusa all’essenza stessa di un certo tipo di musica. Un connubio che determina una lega inossidabile alla critica e al tempo.

Nicola Furlan

Tracklist:
01 Dream
02 Easy Living (Uriah Heep cover)
03 The Angel Comes
04 Until The End 
05 Within Yourself
06 Three Generations
07 Chained
08 Freedom
09 Take Me In
10 Forgive Me
11 Whisper
12 The Union
 
Line up:
D.C. Cooper: vocals
Alfred Koffler: guitars
Tore Østby: guitars
Dennnis Ward: bass
Kosta Zafiriou: drums
Günter Werno: keyboards

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