Recensione: Dödsfärd

Di Daniele Balestrieri - 25 Ottobre 2003 - 0:00
Dödsfärd
Band: Månegarm
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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80


“Feel the pagan in your heart, now feel the pride flow.”

Terzo full-length per gli svedesi Månegarm, una delle band Viking Metal più promettenti (e sconosciute, tanto per cambiare) degli ultimi anni. Devo dire che ero abbastanza impaziente di ascoltare questo Dödsfärd, anche perché Havets Vargar, il precedente, era davvero un album che racchiudeva in sé l’anima più strettamente black del viking (e questa è sempre una buona cosa, visto che le origini del genere sono comunque quelle) condita da imprevedibilissimi inserti folk di violini velocissimi, quasi elettrici, e voci femminili che non facevano altro che sgraziare e impreziosire le canzoni. L’intuito, al termine di Havets Vargar, mi suggerì che questa strada intrapresa non sarebbe stata assolutamente cambiata nella loro terza release, conoscendo i tipi e conoscendo la loro “quadratura” mentale.

E come volevasi dimostrare, il mio intuito non ha tradito. Dödsfärd è esattamente il seguito di Havets Vargar, in toni e in spirito. La cosa più interessante è che Havets Vargar non era altro che l’aumento esponenziale – in fatto compositivo, musicale e di esperienza – della loro prima release, e tutto questo rende i Månegarm una di quelle band di cui si può comprare un CD a occhi chiusi: se il primo era di gran qualità (anche se registrato non troppo bene – un particolare trascurabile per il black viking) e vi era piaciuto, quest’ultimo non potrà che farvi esultare. Come direbbero gli inglesi, questa è un’altra fetta della stessa torta: se vi era piaciuta la prima, vi piacerà anche questa. In un periodo incerto come questo, appoggiarsi a qualcosa di saldo diventa quasi indispensabile, dal momento che il Viking al momento si sta spargendo per il mercato come un’aurora boreale, con i Thyrfing che arrivano ai confini tra l’ascoltabile e il geniale e gli Einherjer che continuano ad affondare in quella specie di Viking che se non lo dicevano loro che era Viking io nemmeno me ne accorgevo.

Il risultato della terza release (da sempre la più critica per tutte le band) è molto importante: finalmente si sono distaccati dalle loro origini e hanno cementato il proprio stile. Ora non si può più dire “I Månegarm ricordano le band XYZ”, ora si può iniziare a dire che certe band ricordano i Månegarm. Come dico sempre, il Viking non è un genere musicale, è un genere di concetto. È facile mettere insieme black, death e folk e creare un sound, ma ci vuole l’ingrediente segreto per trasformare gli stessi ingredienti in Viking Metal. Bene, i Månegarm l’hanno trovato e si sente. Comprando Dödsfärd potrete gustare nello stesso momento un disco in growling black di ottima fattura (può ricordare i primi Enslaved, con delle chitarre sporchissime da far pensare anche a Emperor e Immortal) e di un disco tragicamente folk nel suo incedere disarticolato, con rallentamenti improvvisi e botte di voci pulite, di violini stridente e strumenti antichi come il munnharpe o lo stavflute, che volenti o nolenti vi faranno ricordare i Thyrfing e i Kampfar di antico splendore. Gli elementi in comune con gli altri due album precedente rendono questo album di facile digestione per chi già li conosce, tuttavia i nuovi ascoltatori potrebbero essere spaventati dallo stile dichiaratamente aggressivo di una band che alla fine suona lo stesso genere di Odin Owns Ye All di Einherjeriana memoria, che incantava per lo stile folk più che per quello più crudele. È pressoché inutile descrivere le canzoni singolarmente: seguono più o meno tutte un filone comune, nel classico mix di generi che rende il Viking tanto unico. Posso solo dire, dando un’occhiata ai testi (stavolta misti in svedese-inglese, a differenza dei primi che erano solo in svedese), che hanno dato un’impronta più decisamente vichinga a tutto il lavoro, impronta ben visibile anche dal magnifico digipak ancora una volta dipinto nell’inconfondibile stile di Kris Verwimp, che mostra un solenne funerale vichingo, che mi ha fatto ricordare non senza emozione la copertina, nella sua interezza, di Hammerheart di Bathory.

Che dire insomma, siate pronti per undici canzoni, di cui un’intro strumentale di grande impatto (anche se non particolarmente originale) e un’outro da vera taverna medievale. Siatene pronti, ma occhio: il CD dura appena 32 minuti, francamente troppo corto per essere una release tanto ufficiale. Mi aspettavo qualcosa di più. Il loro lavoro più rappresentativo rimane a mio avviso Havets Vargar, sebbene non abbia senso definirlo “migliore”. Semplicemente, provateli. Chi ama il viking se lo sarà già comprato, chi ancora non ha capito quanta forza scaturisce da un mix tanto pregiato di generi sarebbe proprio ora che cogliesse l’occasione, grazie a un altro prezioso tassello come questo Dödsfärd.

Daniele “Fenrir” Balestrieri.

TRACKLIST:

01. Intro
02. I evig tid
03. Ravenous
04. Ägirs vrede
05. Dödsfärd
06. Fimbultrollet
07. Daudr
08. Vrede
09. Pagan war
10. Ursjälens wisdom
11. Outro

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