Recensione: D-Frosted

Di Nicola Furlan - 23 Luglio 2007 - 0:00
D-Frosted
Band: Gotthard
Etichetta:
Genere:
Anno: 1997
Nazione:
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95

Esordisco senza mezze parole: “D-Frosted” è uno dei più bei live acustici mai pubblicati. E’ difficile trovare termini per descrivere l’alchimia contenuta in questo capolavoro. Scaletta, artisti, cornice, pubblico, acustica e magia di contorno: tutto è perfetto e non esistono punti deboli nelle quindici perle, una più bella dell’altra, ed ognuna ricca di inenarrabile phatos.

Qui c’è un po’ di tutto ed eseguito a livelli straordinari, dai pezzi lenti a quelli energici, dai refrain cantati con vigore fino a toccare, nei cori delle ballate, segni di rievocazione d’incanti. Sono proprio i pezzi lenti, infatti, a colpire nel profondo, determinando quelle timide e palpitanti sensazioni tanto care alla memoria, capace di affiancare questa magia musicale allo scorrere delle esperienze.

Father is That Enough e Let it Be, entrambe tratte dal full-length “G.” del 1996, sono i primi bagliori della sera ad accompagnare chi ascolta nell’autentico paradiso di cui gli otto strumentisti sono eletti a musicanti. Delicatezza ed un’interpretazione superlativa costituiscono l’approccio capace di far sognare la folla presente e, per fortuna, anche l’ascoltatore assente, che può godere appieno del supporto digitale.

Il combo è autentico protagonista anche nei brani di maggiore presa come Hole in One piuttosto che in Sweet Little Rock’n’Roller nelle quali i ritmi coinvolgenti inducono il pubblico a scaldarsi: il ritmo incalza. Degno di citazione mr. Hp Brüggemann, per l’occasione trasformatosi in piccolo Jerry Lee Lewis, a suggellare un pacchetto di ritmiche e di comparti vocali che i compagni sviluppano ed interpretano in grande stile.

Scorrono i brani, ma il cuore si emoziona senza possibilità di controllo su Someday (superlativa la prova del singer Steve Lee) e One Life, One Soul. La prima regala momenti di cullante commozione facendo assaporare agli astanti lo spirito ordinato ed impalpabile della perfezione armonica, la seconda si traduce a brano principe della serata. E’ la proposta tratta da “Dial Hard” del 1994 ed intitolata I’m on my Way a chiudere questa data da ricordare. Sarà il sapore disteso dell’armonica a bocca, sarà quel flavour contry rock arpeggiato o l’eco che si trasmette lontano, ma vi posso assicurare che, ascoltando questo pezzo, è possibile volare. Il brano prende corpo nella stessa misura in cui si concretizza la certezza dei presenti d’aver assistito ad uno show grandioso che rappresenta uno dei più bei live acustici che la storia della musica rock moderna possa annoverare.

Un eco impalpabile vive ancora fra quelle montagne ed un addio lascia la mezza certezza che sarà difficile assistere di nuovo a prestazioni così suggestive.

Tracklist:
01 Sister Moon
02 Out on My Own
03 Father is That Enough
04 Let it Be
05 Hurry
06 Hole in One
07 Angel
08 Love Soul Matter
09 Sweet Little Rock’n’Roller
10 Hush
11 Someday
12 One Life, One Soul
13 Get Down
14 Mountain Mama
15 I’m on my Way

Line up:
Mandy Meyer: Guitars
Leo Leoni: Guitars and Backing vocals
Steve Lee: Vocals
Andy Pupato: Percussion
Hp Brüggemann: Keyboards
Vic Vergeat: Guitars and Backing vocals
Marc Lynn: Bass and Backing vocals
Hena Habegger: Drums

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