Recensione: Damage Done

Di Onirica - 30 Settembre 2002 - 0:00
Damage Done
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Anno: 2002
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87

La compagnia di Mikael Stanne torna con un disco fra le dita essenzialmente eccezionale. Il gruppo svedese, contestato dalla critica soprattutto in questi ultimi anni, risponde ai miseri pettegolezzi celebrando la sorprendente release di un album completo da qualsiasi punto di vista, diverso dai precedenti, ma comunque Dark Tranquillity. Confermata la componente elettronica delle ultime uscite, questa la nutrita formazione del gruppo:

Mikael Stanne – voice
Anders Jivarp – drums
Niklas Sundin – guitars
Martin Henriksson – guitars
Michael Nicklasson – bass
Martin Brandstrom – electronics

La copertina riporta un’immagine alquanto ambigua, probabilmente la figura di un uomo in ginocchio nel vano tentativo di impedire che la sua testa esploda mentre la stringe fra le mani. Le liriche scritte da Stanne rimangono un muro da abbattere nel cuore della notte, definibili quasi come introspettrali, assimilabili nella frase che rappresenta l’intero contenuto dell’album sul retro del booklet What can you tell me of the inside?, pronunciata dalle distorsioni vocali di un cantante formidabile nel brano iniziale Final Resistance. Non posso che anticipare sin da questo momento, il notevole contributo che l’esperienza del gruppo a regalato all’ultima registrazione: da una parte la violenza di Skydancer e The Gallery, dall’altra l’atmosfera psichedelica concepita con Projector ed Haven, in un gomitolo di riff ben affilati e sostenuti dalle tastiere più o meno presenti di Martin Brandstrom. Come testimonia la porta d’ingresso, forse maggiormente oldstyle, l’elemento elettronico si rivela semplicemente decorazione del maestoso tempio che il gruppo svedese è riuscito ad innalzare in più di dieci anni di carriera. Basti pensare a gruppi come i Theatre Of Tragedy per aver il classico esempio di abbandono all’elettronica, peccato che la loro ultima uscita non si possa definire neanche industrial. Non è il caso dei Dark Tranquillity, spesso oggetto di pregiudizio da parte di una parte della critica, quella ottusa, che di tutto si occupa tranne che dell’ascolto. Nè tantomeno si può parlare di conclusione del periodo death metal della band, considerando che ogni composizione conserva la propria velocità sostenuta, la sua aggressività nei riff di Henricksson e Sundin, l’angoscia di una voce già descritta. Questi i pezzi che ho deciso di segnalare.

Con Monochromatic Stains il disco prende definitivamente quota. Ottimo il lavoro delle chitarre, ottimo il consueto contributo che Fredrik Nordstrom offre al genio compositivo di questi sei ragazzi svedesi: i brani sono tutti molto corti ma gli arrangiamenti precisi e ben studiati, la produzione limpida e fresca, in modo tale che ogni pezzo sia attraversato da una scarica incredibile di adrenalina. I riff di chitarra sono chiari e poderosi, il suono di batteria ben definito dal doppiopedale ai piatti, la voce spaventosa, il basso cupo ed onnipresente. Di basi elettroniche si può parlare solo in due casi particolari, ovvero per The Treason Wall e I, Deception, ma in entrambi i casi non durano che poco meno di dieci secondi e non fanno che insaporire ciò che segue.  

In settima posizione la titletrack Damage Done. Qui trovo l’unico aspetto poco apprezzato comune a diverse tracce dell’album, ovvero la presenza di successioni spesso ingenue di riff uguali uno dietro l’altro. Per il resto si tratta di un pezzo molto ben riuscito, come del resto quello che segue: Cathode Ray Sunshine è testimonianza di un feeling particolare fra le due chitarre, fra le chitarre e la tastiera, fra il pianoforte ed il basso, in modo che ogni strumento venga ad incastonarsi magicamente nell’altro: non un istante di silenzio, nessuna pausa, mentre le chitarre riprendono il motivo principale e si avviano alla fine del pezzo. The Enemy sembra l’eccezione che conferma la regola con il suo inizio malinconico, ma il suo decadente procedere lentamente si sviluppa nelle distorsioni di metà strada.

Prima della chiusura strumentale di Ex Nihilo, resta spazio per White Noise/Black Silence, pezzo a dir poco magnifico, firma di un gruppo che in tutti questi anni ha dimostrato prima di tutto una forte personalità continuando per la sua strada, consapevole delle proprie scelte e dei rischi che poteva correre: la speranza, come anche questa canzone afferma, era quella di trasformare il buio in suono a partire dall’oscura tranquillità: in un modo o nell’altro i Dark Tranquillity ci sono riusciti.

In conclusione, spero solo non consideriate neanche questa recensione se ancora siete convinti che In Flames e Dark Tranquillity abbiano da sempre fatto lo stesso genere di death metal…

PESSIMA LA VIDEOTRACK!

Andrea’Onirica’Perdichizzi

TrackList:

1.  Final Resistance
2.  Hours Passed In Exile
3.  Monochromatic Stains
4.  Single Part Of Two
5.  The Treason Wall
6.  Format C: For Cortex
7.  Damage Done
8.  Cathode Ray Sunshine
9.  The Enemy
10. I, Deception
11. White Noise/Black Silence
12. Ex Nihilo
13. Monochromatic Stains (video track)

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