Recensione: Dangerous Music [Reissue]

Di Alberto Biffi - 20 Gennaio 2011 - 0:00
Dangerous Music [Reissue]
Band: Robin George
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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55

L’ignoranza non ammette scuse, il non sapere non ha giustificazioni.
Faccio quindi pubblica ammenda confessando immediatamente di non conoscere questo fantomatico Robin George.
Ancora più colpevolmente demoralizzato mi ritrovo a “googolare” cercando info su questo artista inglese e mi accorgo che potrei aver rischiato di perdere della grande musica, visto che leggo più volte a lui associata la parola “underrated” (sottovalutato).
Ancor maggiore è lo stupore per la mia “mancanza”, quando scopro che il buon George ha collaborato con (da leggere ignorando la punteggiatura e rigorosamente tutto d’un fiato): David Byron (Uriah Heep), Phil Lynott (Thin Lizzy), Sean Harris (Diamond Head), John Wetton, Phil Manzanera, Carl Palmer, Duran Duran e Robert Plant (solo per citarne alcuni).
Ormai tanto carico di aspettative quanto consapevole del mio deficit, mi accingo ad ascoltare questo “Dangerous Music”, riedizione di un suo lavoro datato 1985.
Quasi intimorito da cotanta esperienza e tracotante curriculum vitae, spero inconsciamente che il disco sia pessimo, in modo da giustificare il mio snobbismo perpetrato per anni nei confronti del cantante/chitarrista/compositore/produttore.

Rullo di tamburi…e sospiro di sollievo…il disco è davvero bruttino!
Il nostro Robin George non mancava certo in professionalità, carisma e talento, ma il suo disco palesa – oggi come probabilmente allora – in modo troppo esplicito il suo desiderio di sfondare, costi quel che costi.
Brani “proto-Bon Jovy”, altri con influenze decisamente AOR, altri ancora dove echi dei primi Queen si fanno spazio nei nostri padiglioni auricolari, influenze glam e canzoni dove le chitarre si fanno più incisive ma non indispensabili, non caratterizzanti il brano ma solo flebili tentativi di accontentare anche gli ascoltatori metallicamente più predisposti.
I suoni sono assolutamente “eighties-oriented”, con tastiere onnipresenti ed effetti tipici di quel periodo, cori “plastificati”, assoli purtroppo che non emergono dal mix, in quanto solo atti a rendere rock brani…che rock non sono.
A mio modesto avviso, ciò che ha bloccato il successo di Robin George, è stata proprio questa sua smania nel voler arrivare al grande pubblico, questa sua incoerenza (che gli artisti spesso chiamano poliedricità e/od istrionismo) e il voler accontentare tutti e conseguentemente nessuno.
Fulgido esempio di questa politica fuorviante (anche in questa ristampa) è il brano “Heartline”, qui proposto in ben tre versioni (“Showdown” in due, tanto per non farsi mancare nulla!).
Obbiettivo: colpire l’ascoltatore e fargli amare/memorizzare il brano.
Risultato: noia mortale, brano inizialmente piacevole, portato poi all’esasperazione e conseguente odio totale!

Insomma…se sto Robin George tutti lo vogliono ma nessuno se lo prende.
Ci saranno dei motivi no?

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Tracklist:

01.    Heartline
02.    Spy
03.    No News Is Good News
04.    French Kisses
05.    Stolen From My Heart
06.    Shout
07.    Showdown
08.    Hit List
09.    Shoot On Sight
10.    Don’t Turn Away
11.    Space Kadett
12.    Heartline (12” version)
13.    Showdown (Live version)
14.    Heartline (Live version)

 

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