Recensione: Dark Hours

Di Fabio Vellata - 21 Maggio 2009 - 0:00
Dark Hours
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Anno: 2009
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78

Prosegue inarrestabile la marcia dei Lion’s Share, gruppo di veterani al sesto dardo in carriera che, dopo gli esordi di radice prog, pare ora aver intrapreso in via definitiva un percorso artistico votato alla causa dell’heavy tonante e ricco d’energia, capace finalmente di garantire i giusti frutti e le meritate soddisfazioni.

Come già sperimentato in “Emotional Coma”, edito nel corso del 2007, i punti di forza del combo nordico sono essenzialmente tre.
Una struttura dei pezzi che largheggia in influenze classiche, abbracciando idealmente tutto ciò che parte dai Judas Priest ed arriva ai Black Sabbath, passando per Irons, Overkill, Metal Church ed Accept. Una produzione da urlo, in grado di far sembrare le note sparate sugli strumenti, come autentiche bordate d’artiglieria. Ed un singer – quel Patrik Johansson che in molti riconosceranno tra i principali artefici delle fortune dei conterranei Astral Doors – maiuscolo interprete ed autentico emulo del leggendario Ronnie James Dio.

La somma dei fattori non può indurre in errore, e conduce ancora una volta ad una soluzione evidente e manifesta alle orecchie di chiunque abbia sinora potuto accostarsi al nuovo “Dark Hours”. Undici sinfonie di metallo rovente, ora quadrate come cubetti di porfido, ora guizzanti come fulmini accecanti, che eruttano potenza e non risparmiano in grinta e velocità, con un costante occhio di riguardo alla melodia in una efficace miscela di raffinata abilità tecnica, ed agghiaccianti roncolate di heavy allo stato puro.
Lo spirito che accompagna l’ascolto, è uno solo. Elmetto ben calato in testa e su il volume, alla scoperta di canzoni perennemente incentrate, a livello concettuale, su episodi oscuri e cupi della storia umana, in un campionario di violenze e momenti bui, sottolineati ad arte dall’incedere spesso inesorabile e spietato delle trame musicali.

Il livello qualitativo è, senza possibilità di smentite, omogeneo e livellato verso l’alto.
“Judas Must Die”, “Phantom Rider”, “Demon In Your Mind” e “Space Scam” sono i classici pezzi che sfruttano con impressionate padronanza il fattore adrenalina, presentandosi come uragani sonici alla Judas Priest negli attacchi, per poi acquisire maggiore personalità, in virtù di una robustezza di songwriting che non lascia nulla d’intentato per accendere le emozioni.
Di un gradino superiore sono però le mastodontiche “Heavy Cross To Bear”, “The Presidio 27” e “Behind The Curtain”, meno immediate ma in ugual misura emozionanti, a volte tanto simili ai Black Sabbath da apparire qualcosa in più di un semplice omaggio, eppure davvero perfette nelle cadenze epico-drammatiche da tempesta di fuoco.
Molto buone poi, le trovate melodiche di “Full Metal Jacket”, trincea di fango e piombo, improvvisamente squarciata da un ritornello carico di pathos ed orecchiabilità.
Le sgommate thrash delle scalcianti “The Bottomless Pit”, “Barker Ranch” (che un po’ ricorda pure i Megadeth) e “Napalm Nights”, finiscono il lavoro, vincendo ogni resistenza nel decretare “Dark Hours”, quale miglior prodotto realizzato dai Lion’s Share in dieci e più anni d’onorata militanza tra le fila delle legioni heavy.

Questa volta, il classico assioma che indica la potenza unita a buone melodie, come formula vincente per un ottimo album heavy, funziona a meraviglia e non lascia particolari tracce d’insoddisfazione.
”Dark Hours” è, infatti, un ingranaggio ben oliato, in cui ogni componente gioca un ruolo definito e si propone al meglio delle proprie potenzialità. Un disco di buonissima fattura, ennesimo capitolo riuscito di una band storicamente sin troppo sottovalutata.

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Tracklist:

01. Judas Must Die
02. Phantom Rider
03. Demon In Your Mind
04. Heavy Cross To Bear
05. The Bottomless Pit
06. Full Metal Jacket
07. The Presidio 27
08. Barker Ranch
09. Napalm Nights
10. Space Scam
11. Behind The Curtain

Line Up:

Lars Chriss – Chitarra
Sampo Axelsson – Basso
Patrik Johansson – Voce
Richard Evensand – Batteria
Conny Pettersson – Batteria

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