Recensione: Dark Moor

Di Eugenio Giordano - 19 Dicembre 2003 - 0:00
Dark Moor
Band: Dark Moor
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
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79

Quarto disco ufficiale, senza considerare due mini cd, per gli spagnoli Dark Moor, questo nuovo platter omonimo segna l’inizio di una nuova era per la band dopo la separazione dalla cantante Elisa C. Martin ora impegnata con i francesi Fairyland. I nostri spagnoli tornano alla corte di Luigi Stefanini e dei soui notori New Sin Studios per realizzare le registrazioni e la produzione di questo nuovo disco e il risultato definitivo è davvero notevole. I Dark Moor rappresentano ormai una delle punte di diamante del roster della Arise Records che continua a rivestire un importantissimo ruolo nello sviluppo e nel supporto della scena spagnola. I Dark Moor continuano nella loro direzione artistica basata su un power metal sinfonico dalle forti tinte epiche, ma in questo nuovo disco preferiscono snellire molto il loro suono abbandonando in parte le digressioni sinfoniche in favore di un sound di chitarra molto più espressivo e presente nell’ensamble delle composizioni. Indubbio anche il forte fascino subito dal gruppo nei confronti del metal classico di scuola maideniana che emerge in più parti nelle varie strutture dei brani. Il nuovo vocalist Alfred Romero non teme il confronto con il passato della band e non rappresenta una svolta drastica per i Dark Moor. Il gruppo riesce a mantenere quasi inalterato il risultato vocale, se paragonato ai dischi precedenti, senza stravolgere i connotati delle canzoni e senza rifugiarsi in soluzioni o arrangiamenti alternativi.

La prima “A Life for revenge” è un brano elegante e dal sapore vagamente drammatico, i Dark Moor preferiscono non affondare subito un colpo letale basato suoi consueti doppio pedale e riff serrati, al contrario il brano è fluido e ricco di refrain nel ritornello ma non viaggia particolarmente veloce mostrando in questo modo una maturazione indubbia. Più classicamente power oriented ma decisamente snella e ispirata “Eternity” si muove in territori di confine tra epico e sinfonico, il gruppo genera una pesante ossatura chitarristica giustamente elaborata e curata in ogni particolare, su questa vengono costruite ottime parti vocali e spunti sinfonici mai troppo invadenti o prolissi. Molto più classica e decisamente ispirata al sound degli Iron Maiden “The bane of Daninsky the wirewolf” possiede la carica epica e il refrain che una grande metal song deve possedere, in questo caso il gruppo sforna una prova compositiva maiuscola sotto tutti i profili. I Dark Moor onorano la storia del loro paese con la successiva “Philip the second” dedicata al celebre sovrano spagnolo, anche in questo caso il gruppo ripropone un sound drammatico e fluido figlio della tradizione power moderna, gli arrangiamenti sinfonici sono più elaborati in questo caso ma non rendono il brano troppo sofisticato o eccessivamente allungato. Molto aggressiva “From hell” è il connubio perfetto tra chitarre ritmiche potenti e refrain epici nei ritornelli, il brano appare serrato e piuttosto veloce ma anche in questo caso il gruppo spagnolo riesce a mantenere una eleganza e una ispirazione di grande livello. La suite “Cyrano of Bergerac” presenta il tipico sound dei Dark Moor alle prese con una struttura complessa e ambiziosa negli arrangiamenti. Qui le parti sinfoniche sono molto importanti e curate e ancora una volta gli spagnoli creano una canzone capace di competere con le migliori composizioni dei nostri Rhapsody. La suite “Attila” ci riporta al sound drammatico e oscuro del secondo disco della band spagnola “The hall of the olden dreams” riuscendo ad evolvere con coerenza il risultato artistico ottenuto su quel platter. “Wind like stroke” ha una ossatura tellurica e un grande refrain epico, solo le parti di chitarra in questo brano sarebbero sufficienti a soddisfare l’orecchio del più esigente ascoltatore. Meno pesante ma sempre oscura e drammatica “Return for love” riprende i connotati della precedente lasciando più spazio alle parti vocali e alla tecnica esecutiva del gruppo, l’ispirazione e la melodia epica sono sempre alla base del processo compositivo del gruppo. La corale “Amore venio” introduce “The ghost sword” la parte conclusiva della suite “Attila” e riassume tutti i tratti salienti di questa lunga composizione, con le sue parti di chitarra oscure e potenti e le ottime aperture epiche dei ritornelli il brano decolla nel raggio di pochi ascolti pur non risultando banale. Necolassica e decisamente Rhapsody oriented “The dark moor” ripropone il gruppo spagnolo alle prese con un power sinfonico meno elaborato ma decisamente notevole sotto il profilo tecnico, la musica classica riveste in questo caso una forte fonte di ispirazione per il gruppo.

In conclusione direi che i Dark Moor hanno finalmente realizzato un platter personale, decisamente convincente e potente, scrollandosi di torno l’alone di band clone dei Rhapsody e cercando una propria via al power metal epico dai contorni sinfonici, ottimi. E io oggi ho saputo che metterò presto le mani su un archivio di vinili degli anni ottanta americani da paura, e sono troppo contento.

1 A life for revenge
2 Eternity
3 The bane of Deninsky the wirewolf
4 Philip the second
5 From hell
6 Cyrano of Bergerac
7 Attila
8 Wind like stroke
9 Return for love
10 Amore venio
11 The ghost sword
12 The dark moor

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