Recensione: Dawn of the End

Di Giuseppe Abazia - 4 Agosto 2008 - 0:00
Dawn of the End
Band: Runemagick
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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55

Compito assolto anche per il 2007, per i Runemagick: il loro album annuale è arrivato puntuale come sempre, col suo solito carico di lentezza, di pesantezza, e di immobilismo musicale. Buttare fuori 11 full-length in 10 anni non è cosa da tutti, e probabilmente staremmo applaudendo una tale prolificità, se fosse anche accompagnata da una continuità qualitativa accettabile. Per chi non li conosce, i Runemagick nascono come gruppo death metal e sfornano, in questo stile, dischi pregevoli come The Supreme Force of Eternity e Resurrection in Blood. Andando avanti negli anni, l’unica modifica operata dal gruppo al proprio sound è stato un progressivo rallentamento che li ha portati sui lidi del death-doom (periodo durante il quale hanno composto album ottimi come Darkness Death Doom ed Envenom), fino quasi a condurli sul filo del funeral doom. Un numero talmente elevato di album, però, non va di pari passo un’adeguata ispirazione compositiva, così che, insieme a platter di buona qualità come i sopracitati, c’è una preoccupante quantità di dischi-fotocopia che nulla aggiungono a quanto già detto in precedenza. Come si pone Dawn of the End in questo quadro?

Non molto bene, purtroppo. Sebbene abbia il merito di aver leggermente accelerato i tempi rispetto ad Invocation of Magick (la cui prolissità metteva a dura prova la pazienza anche del più incallito dei doomsters), Dawn of the End continua ad essere piagato da una cronica mancanza di idee, al punto che a volte sembra di ascoltare sempre gli stessi riff, album dopo album, con leggere modifiche. Come se non bastasse, l’apporto vocale in Dawn of the End è ai minimi storici: giusto per dare un’idea, possiamo ascoltare il primo growl soltano dopo più di dieci minuti dall’inizio dell’album (dunque alla seconda traccia). Ci troviamo di fronte ad un platter per gran parte strumentale, il che solitamente pone nuove sfide per un gruppo: mancando il cantato (o essendo comunque presente in dosi ridotte, come nel caso che stiamo analizzando), sarebbe d’uopo puntare sulla varietà delle melodie e sull’eterogeneità delle atmosfere per tenere sempre desto l’interesse. I Runemagick non ci concedono neanche questo: l’album è costituito principalmente da un susseguirsi di riff pesantissimi, grantici e rocciosi, che sarebbero anche interessanti se non fossero ripetuti talmente tante volte, e per talmente tanto tempo (mediamente, la durata delle canzoni si assesta intorno agli otto/dieci minuti, tranne qualcuna). E’ vero che i Runemagick si sono sempre rivolti ad una nicchia di affezionati, ma trovo che stiano inziando davvero tirare un po’ troppo la corda: se un tempo la potenza dei riff era condensata in canzoni di durata minore e dalla velocità più sostenuta, adesso la noia rischia davvero di prendere il sopravvento. Dawn of the End non è un completo buco nell’acqua, però: in qualche canzone troviamo assoli ben fatti (purtroppo pochi, però) che movimentano un po’ l’atmosfera, ed alcune melodie sono invero azzeccate, riuscendo bene nell’intento di trasmettere una sensazione di apocalisse incipiente. Tuttavia, ciò non basta a redimere un album le cui lacune sono un po’ troppo profonde.

Credo che i Runemagick, anziché continuare a partorire dischi come fossero conigli, farebbero meglio a fermarsi a riflettere su che direzione dare alla loro musica, perchè così di certo non si va da nessuna parte. L’inizio della loro carriera era stato promettente, il loro mix di death e doom era potente e coinvolgente, ma album dopo album la minestra diventa fredda, e a forza di riciclare sempre le stesse idee, sempre allo stesso modo, anche la qualità finisce per calare. Nessuno chiede particolari stravolgimenti, che sarebbero anche fuori luogo, ma a questo punto sarebbe auspicabile un ritorno alle sonorità che li contraddistinguevano qualche anno fa (dunque canzoni più brevi, e maggiore presenza di voce). Ora come ora, purtroppo, non possiamo che constatare la monotonia, la ripetitività e la scarsità di spunti d’interesse della loro ultima fatica.

Giuseppe Abazia

Tracklist
1 – Dawn of The End (05:50)
2 – Voyage To Desolation (11:37)
3 – Chthonic Temple Smoke (10:11)
4 – Retaliation (08:49)
5 – Volcano Throne (07:38)
6 – The Circle (04:49)
7 – Magus of Fire (09:37)
8 – Sabbatum Ad Infinitum (03:37)

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