Recensione: Dead and Forever Gone

Di Giorgio Vicentini - 21 Maggio 2006 - 0:00
Dead and Forever Gone
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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60

Ho assaggiato Dead and Forever Gone distrattamente, non mi ha fatto una buona impressione, ma mi sono detto: “E’ colpa della disattenzione“. Allora ci ho riprovato e le cose sono migliorate, anche se non sono riuscito a superare la convinzione che un disco così non può prescindere da vocalizzi veramente di peso.

Deve essere chiara una cosa: la mia non è una bocciatura ai Frostmoon Eclipse che “tradiscono il black metal”, il voto stesso in fin dei conti è positivo. Non si tratta nemmeno di un’opposizione ideologica all’idea che ha spinto a comporre un disco assolutamente non metal, anzi, proprio la mia “delusione” potrebbe esserne la prova. 
Purtroppo, l’impressione meno felice che affiora dai solchi di Dead and Forever Gone è di ascoltare un disco a due velocità, livelli di pathos distinti tra riff e voce, elementi che corrono insieme ma a ritmi diversi non aiutando l’omogeneità emozionale dell’opera.

Il problema principale è stato sentire troppo spesso una sorta di Alice in Chains/Days of the New oscuri ma insicuri nel complesso: valide idee musicali, tra cui cito le note stimolanti di “What Could Have Been“, “Long Gone“, “Devilish And Mournful“, “It Heals, It Hurts” e la lenta ed oscura “Once Was Gold“, sulle quali vengono appoggiate vocals un po’ troppo lineari, senza i sussulti e la personalità indispensabili per questo genere. Non penso sia proponibile registrare unplugged senza un cantato vario, emozionante, quantomeno molto personale (non chiedo ovviamente di essere tutti dei Laney Staley tanto per restare in tema), che deve dare la marcia in più alla strumentazione pulita sottolineandola. In Dead and Forever Gone è la seconda a prevalere sulla prima, ottimamente settata su toni caldi che evidenziano i suoni acustici, superando in quanto a mordente la voce, in certi momenti troppo morbida e discreta, incerta e non del tutto a suo agio in taluni passaggi. 

Facendo una riflessione personale ho pensato: un gruppo black metal si trova in mano un lotto di idee che non hanno diritto di cittadinanza in un album canonico e le registra dandovi un piglio acustico. Ma a chi può essere diretta una release di questo tipo? Lo stile del disco è corretto ma comune ed ha delle pecche se calato in ottica rock; forse potrebbe colpire di più i blackster, non avvezzi a certe sonorità ed incuriositi dall’evento?

Ipotesi a parte, a Dead and Forever Gone non basta il coraggio di una scelta fuori dagli schemi per convincermi completamente. Forse si tratta di un passo più lungo della gamba? Verosimilmente è meglio cogliere ed apprezzare soprattutto l’esperimento in sé, che permette alla band di non buttare alle ortiche dei riff validi, proposti con onestà e senza nessuna pretesa di spopolare o entrare nella heavy rotation di MTV.

Tracklist:
01. What Could Have Been 
02. Long Gone 
03. Last Will 
04. Devilish And Mournful 
05. A Moment Long A Lifetime 
06. A Warm Yesterday 
07. With Your Emptiness 
08. Neon Lights 
09. Joyless And Soulless 
10. Once Was Gold 
11. Ten Thousand Miles Ahead 
12. It Heals, It Hurts

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