Recensione: Deaf To Our Prayers

Di Davide Iori - 28 Maggio 2007 - 0:00
Deaf To Our Prayers
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Anno: 2006
Nazione:
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78

Gli Heaven Shall Burn, formazione dalla storia che affonda le sue radici nel 1997 e che ha già al suo attivo svariate pubblicazioni nell’ambito death inteso alla maniera più moderna, ritornano a calcare le scene con questo
Deaf to our Prayers, disco che, obiettivamente, potrebbe scatenare qualche controversia. Nella biografia interna al loro sito ufficiale infatti i nostri si presentano come una formazione nata suonando “una brutale mistura di thrash e death con un tocco di aggressione hardcore” e che in questo platter ha racchiuso tutto ciò che la rappresenta a livello di sonorità (“It’s simply 100% HSB!”) la domanda però è: dobbiamo credere a quello che leggiamo oppure le nostre orecchie ci costringono a contraddire questo tipo di interpretazione?

Il problema principale di Deaf to our Prayers si mostra subito chiarissimo: ad un primo ascolto esso suona smaccatamente derivativo, influenzato in maniera netta da tutto il Death Melodico di matrice scandinava e, soprattutto, da una formazione che ha scritto la storia del genere, ossia i
Dark Tranquillity. Appena si inserice il CD nel lettore è inevitabile notare come gli intrecci che disegnano le due chitarre si rifacciano a dischi come
Damage Done oppure il più recente Character, mentre la voce, che sia voluto o no, non possa fare a meno di riportare alla mente il growl demoniaco del maestro
Michael Stanne. Anche gli inserti di sintetizzatori che ogni tanto si fanno largo tra le ondate di accordi che invadono il nostro stereo svelano immediatamente la loro provenienza. Se ci si fermasse a questa prima impressione generale il disco non potrebbe che essere bollato come un tentativo di imitazione mal riuscito, ma, aguzzando le orecchie, si cominciano a notare differenze che, dapprima sottili, poi sempre più marcate, tracciano un solco tra lo stile che gli
Heaven Shall Burn propongono in questa sede e quello che oramai è diventato il marchio degli oscuri signori di Goteborg. Procediamo dunque con ordine.

Superato l’impatto iniziale non si può fare a meno di notare come le canzoni di questo CD siano dannatamente belle.
Counterweight e Trespassing the shores of our world danno una mazzata iniziale non indifferente, puntando tutto sul tiro, sulla pesantezza del suono alternata alle aperture melodiche in sede di ritornello e su un’attitudine al riffing che molto deve al thrash metal più duro, grazie ai power chords che sono sempre li costituire la base degli arrangiamenti. La produzione è praticamente perfetta, assolutamente satura di suono, ma non per questo poco chiara o fastidiosa; anche qui si potrebbe
obiettare che suoni di questo tipo si sono già sentiti in dischi come Come Clarity ad esempio, ma il fatto che sia assolutamente azzeccata per il tipo di musica proposto fa presto scordare questo particolare e ci permette di concentrarci sulla musica. Gli episodi fortunati in questo platter infatti si succedono senza sosta e,
da Profane Believers a Dying in Silence, è davvero dura trovare un brano inferiore alla media. I nostri hanno anche il merito di piazzare a metà disco un break di sicuro valore costituito da
Of No Avail e, soprattutto, Armia, canzone più lenta che sorprende l’ascoltatore e cattura nuovamente l’attenzione mantenendola alta anche per la seconda parte del CD.

Si giunge dunque a dover esprimere un giudizio ed il dubbio rimane se punire una formazione che ricalca un certo tipo di sonorità già espresse altrove, oppure premiare un gruppo che ha prodotto un bellissimo disco pieno di canzoni più che degne di essere ascoltate. Per quanto mi riguarda io opto per la seconda soluzione, sottolineando il fatto che gli
Heaven Shall Burn in questo Deaf to our Prayers riescono comunque a far vedere la loro impronta puntando su un sound più pesante, più thrash oriented e più tirato rispetto a coloro che li si accusa (ingiustamente) di imitare. Se siete fan del death melodico e non vi bastano le produzioni dei mostri sacri puntate senza remore su questo disco, non rimarrete delusi, se invece volete avvicinarvi per la prima volta al genere beh… non è detto che sia obbligatorio cominciare dai capostipiti.

Davide “Ellanimbor” Iori

Tracklist:

01. Counterweight
02. Trespassing the shores of your world
03. Profane believers
04. Stay the course
05. The final march
06. Of no avail
07. Armia
08. Mybestfriends.com
09. Biogenesis (Undo creation)
10. Dying in silence

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