Recensione: Dear Desolation

Di Daniele Ruggiero - 2 Settembre 2017 - 7:00
Dear Desolation
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
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78

Lupi affamati in terre desolate: questi sono i Thy Art Is Murder. In una regione devastata dall’odio, dove qualsiasi segno di vita stenta a sorgere, il “branco” australiano scalpita, mostra le fauci, affila gli artigli ed inizia una vera e propria caccia indiavolata nel prediletto territorio del deathcore.

Chris “CJ” McMahon, il cantante della band, dopo una breve pausa per problemi personali è tornato più affamato di prima, voglioso di guidare i suoi adepti in una carneficina sonora intitolata ‘Dear Desolation’. Il nuovo album dei Thy Art Is Murder è un oscuro uragano gonfio di rabbia che rigurgita il proprio terrore riversandolo sul livido suolo di un mondo inerme.

Il branco è così aggressivo da travolgere immediatamente qualsiasi preda si trovi sul proprio cammino. Un assalto sadico e violento si materializza in ‘Slaves Beyond Death’: pezzo devastante che lacera sogni e sentimenti a favore di un’inquietudine dal volto terrificante, è come essere intrappolati in una gabbia di paura che viene continuamente scossa da mostri inferociti il cui scopo è quello di divorarti.

Il sound è terribilmente denso di adrenalina: un rullo compressore guidato dai ritmi ossessivi del death nei quali deflagrano breakdown massicci che ne rallentano la corsa. In tutto ciò le sorprendenti trame sinfoniche strisciano come serpi attraverso la collera contagiosa dei brani, iniettando in essi esigue dosi di un’epidermica malinconia. Dal seme della “cara desolazione”, in un clima di totale follia, germogliano soltanto fiori secchi dal profumo sepolcrale che vengono bagnati dal pianto di una religione inesistente.

Una produzione assai convincente dona a questo nuovo album un solido equilibrio che si riflette sugli schemi compositivi di ogni brano. La parte vocale, così ruvida ed efficace, è sostenuta da riff di chitarra affilati e corposi a cui si aggiunge una ritmica  fertile e martellante; elementi che vengono amalgamati in un sound assolutamente pulito e scultoreo. ‘The Son Of Misery’, ‘Dear Desolation’, ‘The Skin Of The Serpent’ e ‘Fire In The Sky’ restano le espressioni migliori di un disco che nel complesso appassiona raggiungendo livelli consistenti di assoluto godimento.

I Thy Art Is Murder, durante i trentanove minuti complessivi del platter, non compiono mai svolte perentorie ed inaspettate; l’album mantiene un’unica direzione che punta ad un impatto emotivo immediato. ‘Dear Desolation’ si può definire come un morso sonoro imponente e profondo intriso di vischiosa bava narcotica che infligge alla vittima dolori strazianti ed un senso di febbrile perdizione.

Se non puoi sconfiggere un incubo diventa parte di esso: unisciti al branco.

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