Recensione: Deathrider
Niente paura, in questo Deathrider non ci sono icone religiose meccaniche sputafuoco di priestiana memoria e nemmeno precetti da evangelizzazione religiosa: i Motorjesus sono semplicemente una vivace formazione tedesca con alle spalle un disco da studio che uscì sotto il nome di Shitheadz e una discreta voglia di ripartire lontano dai problemi che il vecchio monicker gli procurò.
Di tedesco però – concedetemi di dire “purtroppo” – questo disco non ha praticamente nulla: dalla produzione al songwriting tutto riporta alla scena americana odierna, scena di cui fortunatamente il vecchio continente continua a diffidare. In stile US è anche la voce di Chris Birx, a ricordare il Bush dell’era Anthrax talvolta misto a un James Hetfield dei tempi recenti.
Qualche momento per aperture melodiche e tradizionaliste c’è, ma col passare dei minuti è senza dubbio la componente moderna a prendere il sopravvento nella miscela di stoner e heavy rock che compone il disco. Insomma scordatevi i Motorhead se non nella parte strumentale di The Bowling e scordatevi lo street/glam a stelle e strisce degli anni ’80: la band non pare avere nessuna intenzione di giocare su melodie catchy. Nei momenti più anthemici si avvertono qua e là i Black Sabbath, ma il viaggio nel rock d’annata si ferma qui.
Al di là dei gusti, Deathrider è un disco senza infamia e senza lode, troppo contaminato per gli amanti del classico, probabilmente troppo poco appetibile per gli avanguardisti puri: a rimanere pienamente soddisfatti saranno solo gli amanti dell’heavy rock di stampo moderno.
Tracklist:
01. Legion Of Rock
02. Destroyer
03. 10 Feet Under Ground
04. Deathrider
05. Distortion Sleep
06. The Howling
07. The Undertaken
08. Hellmachine
09. Invisible Man
10. Black Fuel Domination
11. Death Hammer Overload
12. The Evil
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini