Recensione: Decent Death

Di Vittorio Sabelli - 4 Luglio 2012 - 0:00
Decent Death
Band: Coredust
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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58

Il primo impatto del debut-album dei finlandesi Coredust è favorevole e positivo, credendo nell’ennesimo act pronto a dare il proprio contributo nel panorama musicale estremo.

Ma, entrando più a fondo in “Decent Death”, ci troviamo ad avere a che fare con un mondo di cui conosciamo ogni singola regione: perché i Nostri fanno uso di pattern e cliché presi in prestito da aree e ‘ambienti temporali’ tra più diversi. E la cosa che non funziona è che questi elementi vengono messi in gioco in maniera abbastanza superficiale e scontata – una sorta di collage – rendendo i brani facilmente catalogabili e riconducibili a questo piuttosto che a quell’altro ‘filone’. Non mancano di certo buoni momenti, ma per la maggior parte dell’ascolto non si avvertono quell’amalgama e quel sound che fanno la differenza.

La “Intro”, contrariamente al nome, è un brano vero e proprio, e la sua costruzione formale avrebbe meritato uno sviluppo compositivo, mentre lascia inaspettatamente spazio a “Without Disguise”, uno dei pezzi il cui inizio trae in inganno l’ascoltatore, buone ritmiche e break che però non hanno un buon seguito: riff scontati e refrain melodici ma alquanto prevedibili sono il materiale che purtroppo prende spesso piede nel corso del platter. Anche l’intro di “Dead End” sembra coglierci di sorpresa, ma evolve in un tributo a Hetfield e soci e poi in una sezione slow, che, nonostante il finale tirato, non convincono appieno.

La title-track prosegue il tributo ai Metallica e non sprona la band a disegnare qualcosa di nuovo e interessante così come “03:00 A.M.” vive di momenti e ritagli dei primi anni ’90 in ‘zona Seattle’: dalle atmosfere acide degli Alice In Chains – condite di riff ‘esatonali’ – ad altre tipiche dei Soundgarden, il tutto tenuto insieme con poca amalgama e coerenza. Il ritornello trito di “Pain Unfiltered” è certamente ‘da stadio’ ma non esalta appieno, così come il ‘calcolato’ e scontato solo di chitarra che lo segue, mentre “Brainwash” non fa che confermare quello detto finora.

“It’s No Good”, chiude il cerchio, e neanche il nome stesso della canzone ci devia un attimo dalle sensazioni percepite durante tutto il disco. Potremmo parlare di pop-metal, alternato sì a momenti ‘forzatamente’ death metal, ma che – soprattutto per la voce – risulta ‘costruito’ e poco naturale. Il finale in fader è la giusta conclusione per un disco che non lascia tracce memorabili, almeno tra gli ‘esigenti’ del settore, mentre potrebbe essere gradevole e accessibile a chi si avvicina al genere, grazie alle sdolcinate parti melodiche di cui è intriso.

Magari c’era fretta da parte della connazionale Inverse Records – sta a voi capire il perché, io non ci sono riuscito… – di dare alla luce questo disco d’esordio, che segue a distanza di quattro anni il primo EP “Past Lives”. Ma nonostante il discreto lavoro in fase di missaggio e la presenza del batterista Jaska Raatikainen (Children Of Bodom) in veste di session-man, il lavoro risulta frammentario nelle sezioni e nella costruzione dei brani e carente nella spinta globale della band. I Coredust hanno sicuramente buone qualità individuali, ma devono crescere sotto il profilo musicale/compositivo e provare a convincerci del loro potenziale, ma solo a partire dal prossimo capitolo.

Vittorio “VS” Sabelli

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Tracce:
1. Intro 1:42
2. Without Disguise 3:44
3. Dead End 4:21
4. Decent Death 3:28
5. 3:00 AM 6:00
6. Pain Unfiltered 3:41
7. Brainwash 4:38
8. It’s No Good 4:53

Durata 33 min.

Formazione:
Esa Salminen – Voce
Olli Broman – Basso
Sakari Hulkkonen – Chitarra
Jyty Tirola – Batteria

Ospiti:
Jaska Raatikainen – Batteria
 

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