Recensione: Deep Dark Seasons

Di Daniele Balestrieri - 13 Giugno 2006 - 0:00
Deep Dark Seasons
Band: Pestiferous
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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70

Ascoltando questo disco per la prima volta vengono immediatamente in mente degli scenari abbastanza canonici: le foreste norvegesi, qualche autore black norvegese a caso, facepainting, freddo, nebbia, concerti in una cantina e qualunque altra cosa gridi “black norvegese degli anni 90!!” seguito da grida sataniche assortite.

Tuttavia basta semplicemente addentrarsi tra le fitte e gelide trame di quest’album per rendersi conto che qualcosa non torna: c’è più melodia del solito, melodia intesa come diversione dall’usuale nugolo di zanzare interrotto da percussioni martellanti e screaming black senza respiro. Tali diversioni saltano all’occhio in maniera talmente definita da spostare lo sguardo verso est, magari verso la Svezia, che delle proprie melodie ha infarcito generi che anticamente erano “tutti d’un pezzo” come il Death o l’Avantgarde. Ma i componenti di questi Pestiferous sono giovani, e il loro attaccamento al black vecchia scuola ricorda abbastanza chiaramente quel nuovo rigurgito black che negli ultimi anni è avvenuto in quella scandinavia diversa dalla Norvegia. Tocca quindi spostare ancora lo sguardo verso est, fino ad arrivare alla Finlandia, figlia prodiga della Norvegia nel mischiare (a volte esagerando) black allo stato brado con melodie marcate ma evanescenti, con l’accortezza però di evitare di interrompere barbaramente il percorso melodico, in stile Månegarm per intenderci.
A causa di queste sottili differenze con il black storico, a prima vista quest’album sembra talmente canonico da risultare noioso – specialmente con un’opener come “Cold Human Wasteland” che strizza entrambi gli occhi ai primi Darkthrone, Mayhem, Celtic Frost e perché no, anche Dissection, senza trascurare gli Ulver di Nattens Madrigal e Bergtatt da cui sembrano aver ereditato tutta la corona di strumenti.

Dopo le due canzoni iniziali, a dire il vero, il destino dell’album sembra già segnato, ma è dalla terza “To the Cold Grave” che iniziano le sorprese: riff sorprendentemente svedesi impreziosiscono una canzone che ricorda i Bathory primordiali dell’83, ’84, e l’interesse sale con la successiva, molto ispirata “When Shadows Swallow the Candles“, canzone molto profonda intervallata da parti recitate che aggiungono una buona dose di oscurità e dannazione in questo che, alla fine, si rivelerà un buon album di suicide black. Apocalittico quanto basta, e intrigante nelle sue trovate a volte canoniche e a volte inusuali, questo Deep Dark Seasons attirerà un pubblico decisamente più vasto dalla solita élite true black. È un altro piccolo segno che la Finlandia sta diventando musicalmente indipendente, coprendo quasi tutti i generi con buoni risultati.

Deep Dark Seasons è un disco da ascoltare più volte, perché a un ascolto disattento potrebbe essere tacciato di plagio e abbandonato ai rovi: in realtà i Pestiferous regalano le proprie finezze centellinandole, minuto dopo minuto, ascolto dopo ascolto. Certo è che non aggiungono niente di particolarmente nuovo né di particolarmente interessante, ma coloro che hanno fame di buon black martellante e hanno timore di avvicinarsi a qualcosa di completamente sconosciuto, si sentiranno quasi immediatamente a casa. Salvo poi notare, a fine ascolto, che qualcosa di infinitesimale in quella casa è cambiato, e probabilmente in meglio.

TRACKLIST:

1. Cold Human Wasteland
2. Bewildering Flames
3. To The Cold Grave
4. When Shadows Swallow The Candles
5. Gathering In The Woods
6. The Womb
7. Reign Of Chaos
8. Hate And Agony
9. Beyond Slumber Of Man´S Death
10. Desolation Lead The Fevers
11. The Sphere Of Darkness
12. A Name In The Black Water

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