Recensione: Defenders Of The Faith

Di Mauro Gelsomini - 14 Luglio 2002 - 0:00
Defenders Of The Faith
Band: Judas Priest
Etichetta:
Genere:
Anno: 1984
Nazione:
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100

Correva l’anno 1984, e i Judas Priest erano già sull’olimpo musicale ed economico, grazie alle esaltanti performance suggellate dalle release di “Sad Wings Of Destiny”, “British Steel” e “Screaming For Vengeance”. In molti si attendevano un calo, dovuto forse alla mancanza di idee o piuttosto ad una sorta di appagamento. Quello che viene fuori da queste premesse è “Defenders Of The Faith”, più che un album una spassionata dichiarazione d’amore per l’Heavy Metal, che fa della consistenza la sua arma vincente, annoverando una serie devastante di hit memorabili.
“Freewheel Burning” è quanto di più tradizionalmente metallico possa partorire la mente di un musicista: veloce e sudatissimo rock senza fronzoli da headbanging forsennato, priestiano all’inverosimile, opener ideale per far capire con quale spirito si affronta un disco del genere. La sostanza non cambia con la bruciante “Jawbreaker”, più ritmata, ma pur sempre straordinariamente trascinante, di una potenza invano cercata dalle più svariate metal band partorite dalla NWOBHM. Sfido a non cantare “Rock Hard And Free” a squarciagola, tanto per proseguire con la carrellata di inni al più incontaminato classic metal. Il top si raggiunge forse con “The Sentinel”, terrificante song dalle tinte dark, in cui la melodia si sposa alla perfezione con la granitica semplicità dei riff e con la voce stridula di Halford, imitato un anno dopo da un certo Kai Hansen. Oscuro l’interludio lento e cadenzato a metà brano, soluzione più volte adottata dai Priest, prima del vincente motivo iniziale che chiude il sipario.
L’intro gotica di “Love Bites” anticipa una song di inconfondibile stampo Black-Sabbath, più vicina degli altri brani alla produzione più sinistra dei Priest. Minacciosa ma più veloce e aggressiva anche la polemica “Eat Me Alive”, mentre “Some Heads Are Gonna Roll” è un gioiello dalla potenza melodica eccezionale, e “Night Comes Down” una mid-tempo malinconica e rabbiosa al contempo. Furiose vocals su una ritmica over-echoed molto Manowariana fanno di “Heavy Duty” un puro inno all’Heavy Metal, seguito a mo’ di medley da “Defenders Of The Faith”, refrain anthemico da urlare col pugno al cielo.
Si tratta, per concludere, di un disco dal sofisticato songwriting, sempre su livelli superbi, in cui ogni plettrata è un fendente di rock tagliente e granitico, e ogni pezzo è esempio di compattezza sonora, con i riflettori puntati sugli assoli melodicissimi di Tipton e Downing, nonché sulla potente e lacerante timbrica di Halford.
La produzione risulta piuttosto in linea con la corrente principale del tempo, enfatizzando molto la velocità dei riff, anziché la potenza della sezione ritmica (fate un confronto con la rimasterizzazione del 2001).
Anche se l’energia dell’album non esplode come nel precedente “Screaming For Vengeance”, si tratta indubbiamente di un’altra perla della band inglese, che rimarrà negli annali della storia dell’Heavy Metal. Essenziale.

1. Freewheel Burning
2. Jawbreaker
3. Rock Hard Ride Free
4. The Sentinel
5. Love Bites
6. Eat Me Alive
7. Some Heads Are Gonna Roll
8. Night Comes Down
9. Heavy Duty
10. Defenders of the Faith

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