Recensione: Defrauded Reign

Di Andrea Bacigalupo - 23 Marzo 2019 - 16:57
Defrauded Reign
Band: Omicida
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2019
Nazione:
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Defrauded Reign’, il secondo album dei Thrasher statunitensi Omicida, uscito autonomamente il 15 maggio 2019 a quattro anni di distanza da quello  d’esordio ‘Certain Death’ del 2015, non è affatto male!

Songs dotate di una gravosa ferocia ma anche di un certo senso melodico, con buone ritmiche serrate, ottimi assoli, che costituiscono il pezzo forte del combo, ed una voce aggressiva, carica di cattiveria e ben improntata, fanno si che l’album, in meno di quaranta minuti, scorra via bene facendosi ascoltare con relativo piacere.

Il rischio è che, quando lo si ripone nella propria raccolta discografica (che, come è noto è tenuta, dalla maggior parte dei metallari, in modo maniacale e quasi ossessivo) invece di metterlo sotto la lettera ‘O’ di Omicida lo si riponga sotto la ‘S’ di Slayer o, peggio ancora, sotto la ‘G’ di ‘gruppi che suonano come gli Slayer’, rischiando di perderlo per sempre in mezzo al gigantesco numero di band che hanno attinto in modo più che rimarcato dal sound dei diavoli californiani.

Si, perché ‘Defrauded Reign’, per quanto sia apprezzabile e suonato bene, manca di vera originalità e ricalca troppo quanto già fatto da Tom Araya e soci.   

Eppure gli Omicida sono musicisti di provata esperienza, facendo ed avendo fatto parte di gruppi di varia estrazione che vanno dal Melodic Death, al Gothic ed all’Heavy Metal vero e proprio, tra i quali citiamo, a solo titolo di esempio, gli White Wizzard, che hanno alle spalle una buona discografia. 

Ma questo evidentemente non basta ed il combo riesce poco a distaccarsi da sonorità trite e ritrite, con pochi ed insufficienti sbalzi fuori dai binari.

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Così, all’interno del platter, si trovano brani come l’iniziale ‘Hostage in the Pit’, ‘Violent Resolution’ e ‘Protect and Serve’, che, per quanto ben fatti, sanno proprio di ‘già sentito’ mentre altri, come ‘Omicida’ e ‘Divine Uncertainty’ e ‘The Supremacist’ hanno qualche breve sezione dove un po’ di personalità viene fuori (un arpeggio seguito da una cadenza infernale nel primo, l’introduzione acustica ed una voce enfatica nel secondo, un andamento stoppato nel terzo), ma è poca cosa per dare un vero segno distintivo al lavoro.

Parlando di altri brani, ‘Burn the Cross’ è una raccolta di suoni cupi e malefici che dura poco più di un minuto, che non si sa bene che significato abbia, se non quello di interrompere un po’ l’andamento dell’album mentre ‘Unborn’ non può dirsi che un omaggio a ‘South of Heaven’, viste le similitudini iniziali prima della feroce partenza vera e propria.

A finire ‘Dead Eyes See No Evil’: suonata a velocità controllata e che chiude con una narrazione infernale.

A costo di ripetersi: ‘Defrauded Reign’ non è un prodotto scarso, anzi … manca solo di originalità e, verso il fondo, diventa un po’ ripetitivo anche se non monotono. Gli Omicida hanno però un potenziale molto alto e devono solo decidere: continuare sulla strada intrapresa, mischiandosi tra la folla, oppure cercare di uscirne con qualcosa di fresco e proprio. Insomma, ci si aspetta, nel prossimo album, un po’ di evoluzione stilistica. Per ora il giudizio è, comunque, oltre la semplice sufficienza. 

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