Recensione: Deliverance

Di Massimo Ecchili - 2 Maggio 2011 - 0:00
Deliverance
Band: Aura
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 2011
Nazione:
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73

Grande passo avanti per i salerntani Aura, al secondo full length dopo l’esordio (non propriamente brillante) dal titolo A Different View From The Same Side (2008). Non che il debut non lasciasse intravedere delle buone (quando non ottime) capacità tecniche, ma restava intrappolato nella rete del “voler assomigliare a…” che fagocitava ogni pretesa di personalità della band. D’altronde, pensare di poter andare lontano facendo musica smaccatamente derivativa, dopo un’eternità di gavetta (la band è nata nel 1996) e ben quattro demo, sicuramente non è un’idea brillante nè tantomeno vincente.
Cambiamento radicale dunque e, a ben vedere, anche riuscito quello messo in atto con questo Deliverance, nel quale migliora tutto. Sicuramente parte del merito va alla Spider Rock che, evidentemente, deve aver capito come i campani fossero pronti per sfornare un buon lavoro, ma il progresso compiuto dai nostri è talmente ampio che bisogna dar loro atto di aver saputo rivedere tutto quello che, nella prima uscita, non aveva funzionato appieno.

Deliverance è un concept album nel quale si narra di un viaggio onirico (nel tempo e nello spazio) di un uomo nelle terre di Palestina; un lavoro, dunque, che ha richiesto uno sforzo compositivo ulteriore per integrare musica e narrazione, ma che ha dato indubbiamente buoni frutti.
Non prima di aver tributato i meritati complimenti alla copertina, disegnata dall’artista cileno Claudio Bergamin, si può facilmente notare come in questa seconda uscita gli Aura abbiano tratto ispirazione molto più dal progressive rock dell’epoca classica e molto meno dal prog metal degli anni novanta, riuscendo a trovare la giusta dimensione per esprimersi al meglio.

La nuova rotta si nota sin dall’opener The Arrival, nella quale si sente decisamente l’influenza di band del passato quali Yes e affini; molta melodia e diversi cambi di ritmo, quindi, per un brano che si fa apprezzare già dai primi ascolti e che va annoverato tra i migliori episodi dell’album.
Nonostante la presenza di brani più “tirati” come In My Memories, The Eden’s Tree e The Glorious Day, siamo al cospetto di un lavoro incentrato molto più sulle tastiere di Francesco Di Verniere che sulla chitarra di Giuseppe Bruno (in grado comunque di mettere in campo un buon campionario di riff e di assoli orientati al neoprog); tastiere che, soprattutto per quanto riguarda le orchestrazioni, risultano fondamentali nel definire la forma di Deliverance e nel dargli continuità. Così non stride la contemporanea presenza (oltretutto sequenziale) di un brano strumentale come Efrain, debitore dei Dream Theater che furono, e di uno come A Candle’s Dream, più vicino a sonorità di band neoprog quali i Marillion.
Ma sono soprattutto i brani più melodici, come la deliziosa The Bridge of Silence, a mettere in risalto pregi e difetti degli attuali Aura: da un lato l’indubbia preparazione dei quattro con i rispettivi strumenti, dall’altro il cantato insufficientemente espressivo di Giovanni Trotta (voce e batteria) , il quale forma, invece, un’ottima accoppiata ritmica col bassista Angelo Cerquaglia.
Merita una segnalazione anche la conclusiva strumentale Resurrection (con alcuni spunti che ricordano la PFM dei bei tempi) la quale chiude un concept tutto sommato interessante e che va ascoltato più volte per riuscire a coglierne tutte le sfumature.

Gli Aura, dunque, seguono l’attuale tendenza del panorama progressive contemporaneo: quella di volgere il proprio sguardo sempre con più insistenza agli anni settanta e, di conseguenza, sempre meno ai novanta. La scelta appare condivisibile, soprattutto visti i risultati: Deliverance è un buon disco, nonostante lasci trasparire ulteriori margini di crescita per la band campana. La strada imboccata sembra, ad ogni modo, quella buona e la band aggiunge un altro po’ d’Italia a questa prima parte del 2011 all’insegna del progressive.

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Tracklist:
01. The Arrival 8:20
02. In My Memories 6:17
03. Egypt’s Call 4:46
04. The Eden’s Tree 5:55
05. Efraim 2:01
06. A Candle’s Dream 5:33
07. The Bridge Of Silence 6:00
08. The Glorious Day 6:51
09. The Last Stand 3:54
10. Resurrection 4:07

Line-up:
Giovanni Trotta: voce, batteria
Angelo Cerquaglia: basso
Giuseppe Bruno: chitarra
Francesco Di Verniere: tastiere

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