Recensione: Demons

Di Andrea Bacigalupo - 25 Maggio 2019 - 6:01
Demons
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2019
Nazione:
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65

Dalla terra di Albione tornano i Savage Messiah con ‘Demons’, album che segue  ‘Hands of Fate’ del 2017 e che va a collocarsi al quinto posto della loro discografia personale.

La novità principale è la sostituzione del cinquanta per cento della lineup, che vede affiancarsi al vocalist e chitarrista Dave Silver (l’unico rimasto della formazione originale) ed al bassista Miro Slama, presente dal 2014, i due nuovi artisti Charly Carretón alla batteria e David Hruska alla chitarra.

L’album è un concentrato di aggressività e potenza ma soprattutto melodia: un Thrash non troppo feroce che incontra un dinamico e moderno Heavy Metal per dar forma ad un ibrido dalle svariate sfaccettature, compresa quella romantica.

Il lavoro presenta alcuni momenti di pregio, ma anche altri che dicono poco, facendolo rientrare in quei prodotti di medio livello che si spera rappresentino un periodo di transizione per il quale, ogni tanto, anche le band più blasonate passano.

Sulle qualità dei musicisti nulla da dire: buona voce, versatile ed espressiva, ottimi assoli e sezione ritmica dirompente. E’ il songwriting che non è sempre all’altezza, anche se proprio non annoia, in generale non esalta, a parte una manciata di pezzi che fortunatamente riescono a dimostrare che la nuova formazione dei Savage Messiah i numeri ce li ha e che deve essere tenuta d’occhio, non trascurata.

Tra questi l’iniziale ‘Virtue Signal’, veloce e roboante con un refrain melodico che si contrappone ad un assolo aggressivo accompagnato da una ritmica veloce.

Degne d’interesse sono anche la seguente ‘What Dreams May Come’, che gioca su più tempi senza diminuire la potenza ed ‘Heretic in the Modern World’, che ha una sezione strumentale pesante ed avvincente.

Con ‘Parachute’ il combo punta ad allargare il proprio seguito, staccandosi dal contesto generale e mettendo in luce un’ anima più Hard Rock che non Heavy Metal. Pezzo molto orecchiabile, con un refrain che è un ‘mezzo tormentone’, questo ci dice che i Savage Messiah stanno esplorando sentieri meno ruvidi e meno in salita.  

Seguono ‘Under No Illusions’ e ‘Down and Out’: per quanto potenti, cangianti e cariche di melodia dicono poco e lasciano un po’ il tempo che trovano.

The Lights Are Going Out’ è una semi ballad, con Dave Silver che dà una buona prova vocale, dimostrandosi molto adatto a questo stile alla Jon Bon Jovi, a cui, in questo pezzo, assomiglia molto.

The Bitter Truth’ risolleva le sorti del disco picchiando duro e marciando veloce. Esalta l’assolo su ritmica veloce.

Il tempo di riabituarci a sentirci spaccare le ossa che parte ‘Until the Shadows Fall’, un’altra ballata, lenta e romantica.

Il sottoscritto non ha nulla in contrario ai cosiddetti brani ‘lenti’, alcuni hanno fatto la storia del Metal tanto quanto quelli più tirati, ma in questo disco ‘Parachute’, ‘The Lights Are Going Out’ e ‘Until the Shadows Fall’, per quanto non male, fanno porre un paio di domande: cosa intendono fare nel loro futuro i Savage Messiah? Continuare a pestare oppure rallentare i ritmi in favore di un più largo mercato? Staremo a vedere (o meglio, sentire).

Chiudono ‘Rise then Fall’ e ‘Steal the Faith in Me’ dal piglio più moderno ma niente di che. Peccato.                                                              

Insomma, l’album non è da bocciare: i pezzi validi sono trascinanti ed incisivi, ma non sono pochi quelli che si perdono nel mare dei tanti, abbassando la qualità complessiva dell’opera. Come già detto speriamo sia una fase transitoria, di assestamento e che la band si consolidi scegliendo definitivamente la propria strada. Diamo loro fiducia.

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