Recensione: Der Letzte Mond Vor Dem Beil

Di Daniele D'Adamo - 18 Agosto 2016 - 18:08
Der Letzte Mond Vor Dem Beil
Band: Totenmond
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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45

Ottavo album per la crust core/punk band tedesca Totenmond, così come da definizione della label Massacre Records, con la quale esce questo pompato, dalla label medesima, “Der Letzte Mond Vor Dem Beil”.

Più prosaicamente, forse, il trio di Backnang suonerebbe una sorta d’industrial death metal, del tipo che va piuttosto in voga, in Germania.

Ma non è questo, il punto. Il punto è che “Der Letzte Mond Vor Dem Beil” consta sostanzialmente di una sola song vera, e cioè ‘Hölle Mit Hof’. Il resto? Un mistero. Un mistero di come sia possibile che una formazione la quale, in quaranta minuti di tempo, suoni seriamente per soli tre minuti, riesca a uscire sul mercato supportata da un’etichetta discografica sì indipendente ma nota e arcinota in tutto il Mondo. Quando, ovviamente, sempre per il Mondo, sono a spasso centinaia di act di qualità tecnico/artistica sucuramente assai migliore di quella (?) posseduta dai Nostri, act che sono costretti ad autoprodursi per avere una chance di farsi notare.

Un tragico esempio? ‘Die Entheiligung Des Blasphemischen Josef Und Der Ewige Regen’. Che, per l’interminabile quanto teutonico titolo e per la durata, potrebbe far pensare a una suite, è in realtà una sorta di proto-ambient nel quale campeggia un sempiterno scroscio d’acqua rimandabile a qualcuno/a intento/a nel farsi una doccia (sic!), se non fosse che a un certo momento giunge l’immancabile tuono per far intendere (?) che di pioggia si argomenta.

Passata l’illusione della ridetta ‘Hölle Mit Hof’, che non ha nulla di che neppure lei giacché piatta e scolastica come il mare in bonaccia, il resto prosegue sulla falsa riga dell’opener-song (si fa per dire): sul nulla. Fra inserti ambient, rumori vari, riff abbozzati, accelerazioni, rallentamenti, declamazioni in lingua madre di Pazzer (che fanno venire un pochino i brividi…), si arriva finalmente a una chiusura roboante sull’onda dell’organo da chiesa: ‘Die Salbung’. La quale chiusura, miseramente, sprofonda nella famigerata doccia che, come l’Araba Fenice, compare di nuovo, un po’ vigliaccamente, bisogna dirlo, quando nessuno, magari, se lo sarebbe più aspettato.

Vano rincarare la dose, come meriterebbero i Totenmond e il loro orribile, inascoltabile nonché inutile “Der Letzte Mond Vor Dem Beil”: l’apparato psicoacustico degli ascoltatori farà a sufficienza il suo mestiere, per emettere un verdetto tanto personale quanto, a parere di chi scrive, generalizzato.

In conclusione:

???

Daniele D’Adamo

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