Recensione: Descent Into Maelstrom [EP]

Di Vittorio Sabelli - 27 Febbraio 2014 - 21:06
Descent Into Maelstrom [EP]
Band: Anarchos
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2014
Nazione:
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65

 

Correva l’anno 1953 quando il pianista Lennie Tristano, precursore di quella che sarebbe stata l’ondata di free jazz e avanguardia diede alla luce il brano Descent Into The Maelstrom, sconvolgendo il panorama intero per l’escursione sonora, ritmica e coloristica dello strumento, che dipingeva pennellate cromatiche fino ad allora conosciute solo in pittura.

Rinomato come uno dei più grandi didatti della storia, si basava su un rigido e faticoso metodo d’insegnamento, che vedeva tra i suoi allievi più brillanti i sassofonisti Lee Konitz, Wayne Marsch, proiettati nella sua ‘visione’ musicale, basata sull’assimilare a 360° ogni lick, pattern e assolo di Armstrong e altri precursori del genere.

A distanza di 60 anni la band olandese Anarchos ripropone quello che è uno dei titoli più inquietanti e avanguardistici allo stesso tempo che restano impressi tanto quanto un “Master Of Puppets”. Ma cosa avranno in comune le due cose?

Purtroppo nulla, ma era doveroso rendere omaggio a Tristano e alla sua immensa classe, mettendo sull’altro piatto della bilancia la band che, al suo debutto su EP, ci propone un death metal primordiale, rozzo, grezzo e senza mezzi termini, che si basa sulla pesantezza sonora, senz’altro la caratteristica migliore del quintetto.

Perché le cinque tracce che compongono “Descent Into Maelstrom” sono quanto di meglio gli inizi anni ’90 ci hanno regalato, con riff in primo piano e cambi di tempo che regolano ogni singolo momento. In particolare “The Great Black Death” nei suoi poco più di due minuti riesce a metter meglio a frutto il pensiero della band, che, seppur non brilla in fatto di originalità, riesce perlomeno a riportarci indietro nel tempo, cosa che gli appassionati della old-school apprezzeranno senz’altro.

Ma quel che si avverte dopo i primi ascolti è una sorta di ‘già sentito’, trito e ritrito, che penalizza le buone intenzioni dei Nostri. Che comunque ce la mettono tutta per non lasciarci cadere in tentazione, cercando di variare comunque i diversi brani, ora rallentando pesantemente il metronomo (“Sarggeburt”, “Morbid Ways To Decay”), ora introducendo elementi melodici di stampo ‘nordico’ (“Anointing Of The Sick”) e soprattutto, cercando di sfruttare nel miglior modo possibile la loro vera arma in più, ossia la voce di Joustra. Scura, cavernosa e bavosa, si spiana sulle nostre orecchie in maniera ossessiva per tutta la durata del disco.

Oltre ad essa gli altri musicisti riescono a creare buone trame, ma niente di trascendentale, considerando i canoni e il livello (soprattutto creativo) raggiunto al momento da act che ripropongono una Signora old-school. Oltre questo che dire? Senz’altro col tempo gli Anarchos possono affinare le loro capacità compositive per proporsi in futuro con materiale più personale, e nel frattempo, non posso che consigliare l’ascolto di Lennie Tristano e del suo ‘originale’ e avanguardistico “Descend Into The Maelstrom”. 

Vittorio “versus” Sabelli
 

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