Recensione: Deserted Soul

Di Alessandro Cuoghi - 20 Novembre 2009 - 0:00
Deserted Soul
Band: In Grief
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
78

Interessante ed originale esordio discografico per questi In Grief, six-pieces norvegese dedito ad una particolare commistione di Melodic Death, Symphonic Black e Progressive Metal, posti coraggiosamente spalla a spalla a servizio di una sperimentazione sonora più che atipica.

Approdati in casa Bombworks (etichetta di indirizzo dichiaratamente White Metal) alla fine del 2008, i sei norvegesi si presentano al pubblico sfoggiando senza alcun timore una voglia viva e pulsante di scovare nuove soluzioni sonore, proponendo un genere di difficile classificazione alla faccia dei clichet e dell’odierno mercato musicale, costantemente alla ricerca di bands fotocopia incastrate a forza in standard stilistici preconfezionati e spesso castranti.
Ebbene, completamente al di fuori di questa concezione commerciale nasce Deserted Soul, che già dal primo ascolto scorre bene, come una cascata sonora nata da diverse fonti, dove la sperimentazione progressiva si fonde con un sapiente uso del growl e vertiginose arrampicate chitarristiche si proiettano fra mid-tempos rocciosi ed emozionanti tappeti sintetici.
Col fluire delle tracce, le influenze della band emergono nettamente: da un progressivo Opeth-sound, fino a lidi atmosferici più propri del Black sinfonico, passando per alcuni fraseggi che tanto ricordano la vecchia scuola Dream Theater. Aspetti questi caratterizzati da un bilanciamento ed una sinergia eccezionali ed in grado di creare atmosfere profondamente coinvolgenti.
La produzione quasi cristallina rafforza ed arricchisce ulteriormente la complessa dimensione sonora creata dal combo norvegese, costituito da David Sandvik (voce), Benny Røste (chitarra), Jonas Andreassen (chitarra), Tobias Odmundson (basso/voce), Daniel Sandvik (synth), Bruno Barra (batteria).

Analizzando attentamente le composioni risulta notevole la maturità dimostrata dai sei giovani musicisti, che dimostrano di trovarsi decisamente a loro agio nella stesura di brani di durata elevata, dove poter esprimere doti tecniche e sentimenti in modo approfondito, ricamando complessi tessuti musicali senza costrizione alcuna. Esempio calzante di tale aspetto è “I Am”, canzone posta in posizione privilegiata nella tracklist in quanto episodio di maggiore impatto del platter. Il brano si snoda per più di sette minuti tra riff tecnici, ritmiche serrate ed aperture melodiche in stile Dimmu Borgir, mentre il growl caldo e poderoso di Davis Sandwick si amalgama perfettamente alle parti più riflessive e coivolgenti. L’amore per il progressive fa nuovamente capolino nella successiva Invited War, altra traccia di durata elevata e struttura complessa, caratterizzata da un orecchiabile ritornello cybernetico di scuola Peter Tägtgren in versione Pain. Di quando in quando tuttavia è la parte più strettamente riconducibile alla nuova ondata di Melodic Death Metal a farla da padrone, così ritroviamo rimiche ricche di groove e tessiture tipiche del “new In Flames sound” in pezzi come “Modern Truth”, “In The End” e nella title track, dove i nostri danno prova di grande abilità esecutiva, specialmente nelle parti solistiche affidate a chitarre e synth. Menzione d’onore infine per l’arcana e monolitica “Weak”, dove l’anima sympho-black della band esplode violentemente in un’incipit che farebbe invidia ai grandi esponenti del genere. Il pezzo si dimostra, ad avviso di chi scrive, il migliore dell’album e potrebbe essere tranquillamente utilizzato come colonna sonora, grazie a trame tastieristiche drammatiche sorrette da avvincenti impalcature di chitarra.

Ovviamente, pur avendo fra le mani un prodotto più che degno, è impossibile e controproducente aspettarsi la perfezione da una band alla prima uscita discografica. Riascoltando attentamente il disco è infatti possibile individuare alcune pecche produttive e compositive, fra cui la presenza di momenti che procedono in maniera più affaticata rispetto al complesso; una prolissità e ridondanza espressiva di fondo che potrebbero in alcuni casi risultare pesanti; ed infine piccole sbavature nella registrazione delle chitarre ritmiche che appaiono a volte dispersive ed offuscate.

In definitiva Deserted Soul, sebbene presenti alcuni giustificabili difetti, si rivela un disco impegnato e particolare, atmosferico, ricco di pathos e decisamente genuino. Mi sento quindi di consigliarlo a persone di larghe vedute, a chi apprezza la melodia, le contaminazioni sonore, il Death tecnico e melodico ed il Black Metal più easy listening.
Da schivare come la peste per gli amanti delle sonorità più crude e grezze ai quali il sound della band potrebbe risultare piuttosto pomposo, pacchiano ed esageratamente elaborato.

Concludo la recensione con la speranza di poter in futuro aver a che fare nuovamente con questo originale act norvegese, in quanto a mio avviso i numeri per arrivare a qualcosa di più ci sono tutti.

Alessandro Cuoghi

Discutine sul forum dedicato al genere!

TRACKLIST:

1)Darkening Horizon
2)I Am
3)Invited War
4)Modern Truth
5)Deserted Soul
6)The End
7)Weak

Ultimi album di In Grief

Band: In Grief
Genere:
Anno: 2009
78