Recensione: Destiny

Di Onirica - 9 Marzo 2002 - 0:00
Destiny
Band: Stratovarius
Etichetta:
Genere:
Anno: 1998
Nazione:
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75

Assodato che il power in genere stanca con l’andare del tempo, tenterò di
descrivere questo disco dopo mesi di oblio nello scaffale, nell’intento di
sfruttare la sorpresa del primo ascolto. Ebbene, queste le mie impressioni.

Dopo Visions, Destiny rappresenta un nuovo trionfante capitolo
della storia di questo gruppo del nord. Sebbene ogni singolo pezzo sia
estremamente accessibile e a volte tremendamente orecchiabile, sarà difficile
trovare altrettanto affiatamento nella composizione di qualsiasi altro gruppo.
Tutta l’esperienza acquisita nel corso degli anni si riversa in un album che,
nonostante conservi tra i suoi minuti infinito gelo, riesce sempre a stupirmi
grazie ad una musicalità spensierata, tanto immediata quanto incisiva. Ma non
preoccupatevi, avrete il tempo di pensarci solo alla fine.

Destiny, la degna titletrack in prima posizione, contiene uno degli
assoli a mio parere più toccanti mai scritti da Timo Tolkki. In generale questo
brano sfrutta la sua lunghezza per passare da ritmiche veloci a quelle più
introspettive ed emozionanti, con parti di chitarra come già detto molto
piacevoli, accompagnate da una voce spesso sorprendente: non si può negare
infatti la validità di un cantante come Kotipelto il quale malgrado il genere di
voce, tutt’altro che particolare, riesce a passare da una tonalità all’altra con
estrema facilità.

Sebbene Sos offra uno ritornello veramente sfizioso, 4000 Rainy Nights
resta la canzone di questo album forse più completa dal punto di vista
atmosferico. Certo mancano le parti più tirate, ma questa volta chitarra e
tastiera di Jens Johansson riescono in una soluzione più omogenea e leggera
rispetto al sound generale troppo freddo e schematico. Che capolavoro se
l’intero disco avesse seguito questo esempio…

Al contrario, seguono tracce che nonostante siano parecchio carine, alla fine
non lasciano che un ritmo martellante e ripetitivo nella nostra mente: la
batteria di Michael non è di certo d’aiuto all’evoluzione del gruppo, poco ma
sicuro. Ed è proprio per questo che qui dentro preferisco soprattutto i brani
più lenti come Venus In The Morning.

Non è una recensione contraddittoria, ma piuttosto un invito alla riflessione
prima di comprare un disco dato che queste simpatiche case discografiche si
divertono a spennarci.

TrackList:
1. Destiny
2. Sos
3. No Turning Back
4. 4000 Rainy Nights
5. Rebel
6. Years Go By
7. Playing With Fire
8. Venus In The Morning
9. Anthem Of The World
10.Cold Winter Nights*

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