Recensione: Destroyer

Di Hogan Steel - 4 Aprile 2002 - 0:00
Destroyer
Band: Kiss
Etichetta:
Genere:
Anno: 1976
Nazione:
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92

“Get up!
Everybody’s gonna move their feet
Get down!
Everybody’s gonna leave their seat.”

Riconoscetene la voce, riconoscetene lo stile, riconoscetene il face painting, mentre la musica esplode ed un bassista indemoniato dalla lingua lunghissima e dalla bocca grondante di sangue sputa fiammate nel cielo; pochi gruppi erano in grado nel ’76 di comportarsi da belve da palcoscenico come facevano i Kiss. Stupire, sconvolgere, travolgere, queste erano le loro parole d’ordine, e come ben sappiamo le rispettavano alla perfezione.

Uscito nel marzo del ’76 (e ristampato alla grande nel 1997), Destroyer fu uno dei maggiori successi discografici del gruppo, una scarica di andrenalina percorse gli states, costringendo la gente ad acquistare gia in prevendita più di 500.000 copire dell’album. Dopo un primo dubbioso periodo a causa del cambiamento del sound della band, anche i fans originali si abbandonarono alle note del distruttore, facendo vincere al gruppo il People’s Choice Award e ben tre dischi di platino.

Bene, il cassettino dello stereo è appena rientrato, attendo con fede. Volume al massimo. Play.

Godiamoci questo americano che ascolta alla radio il notiziario su Detroit, che sale sulla sua macchina e, con nell’autoradio la leggendaria Rock ‘n’ Roll All Nite, si lancia sulla via. Poi ascoltiamo il riff di chitarra che nessuno di noi non ha mai sentito, lasciamo che la batteria scorra su di noi e….ladies and gentleman Detroit Rock City. Bella, melodica, piacevole da ascoltare, in grado di creare un’atmosfera spettacolare, questo pezzo di storia musicale ci offre quanto vogliamo sentire quando compriamo un cd dei Kiss. Niente testi impegnati, niente motivazioni profonde nel background delle strofe, solo una grinta devastante e tanta voglia di fare rock.

Il tono dell’album non cala certo con la sgommata che battezza King Of The Night Time World, con una batteria che sembra tratta direttamente da una carica di cavalleria in un pezzo epic, poi le chitarre ci portano su un ritornello che, alla seconda volta che viene ripetuto, ci troviamo  a cantare a squarciagola…i’m the king of the night time world, and your are my midnight queen…Assoli e riff che ci mostrano quanto i Kiss fossero avanti con i tempi, nell’era che viene praticamente considerata come la preistoria dell’Heavy Metal.

E poi eccola, la gemma del rock, a mio parere la più bella canzone nella storia dei Kiss, con dei riff iniziali estremamente metallici, uno di quei pezzi che chiunque abbia una chitarra ed un distorsore avrà sicuramente provato a fare, uno di quei riff che assieme a Iron Man dei Black Sabbath e Smoke on the Water dei Deep Purple, rappresentano i più conosciuti per ogni essere umano di ogni razza ed età. God of Thunder!

Calmiamo per un attimo i bollenti spiriti, e lasciamo che le parole della dolcissima Great Expectations , che si stacca completamente dallo spirito dei tre pezzi che la precedono, e nonostante questa coraggiosa decisione si dimostra come uno dei pezzi più accattivanti ed orecchiabili del gruppo con cori e voci bianche nel ritornello.

Flaming Youth torna alla grinta dell’inizio, forse uno dei pezzi più classici del disco, con il giusto mix di melodia ed energia, anche questo pezzo comunque molto melodico ed orecchiabile, anche se forse una qualità di registrazione non troppo elevata lo penalizza, mettendo in eccessivo risalto gli alti e le chitarre.

Sweet Pain, perfettamente integrato in una melodia di fine anni ’70 purtroppo non riesce ad emergere per respirare e finisce velocemente soffocato dagli altri pezzi, solo da citare l’assolo nella seconda metà, molto classico e che si intreccia perfettamente con la voce e la batteria.

Beh eccoci ad un altro pezzo storico, rock ‘n’ roll allo stato puro, ogni nota di basso e chitarra, ogni strofa ci riporta indietro a quasi trent’anni fa, quando migliaia di persone acclamavano quattro individui truccati che urlavano sul palco Shout it Out Loud.

Avete una bella ragazza a portata di mano? Se si chiama anche Beth siete a posto, in ogni caso stringetela a voi quando comincia questa splendida ballad, un testo dolcissimo ed una melodia orchestrata ed avvolgente. Beth fu la canzone che attirò ai Kiss la maggior parte del pubblico femminile e, nonostante inizialmente fosse stata inserita nell’album come traccia “di riempimento” divenne in breve tempo il singolo più amato d’America.

Conclude Destroyer Do You Love Me? , voce da megafono anni ’70, qualche schitarrata ogni tanto ed un ritornello forse un po’ troppo ripetivo che non conclude questo album come avrebbe meritato, ma che non scende neanche ad un livello talmente basso da farci dimenticare tutto ciò che ci siamo goduti finora.

In definitiva, grande album, grandi innovazioni e, al di là dei costumi e dello spettacolo, una grandissima dimostrazione di musica americana, se vi piace il genere il mio consiglio è di comprarlo assolutamente, tra l’altro a mio parere è, assieme a Dressed To Kill il migliore album della band…

Unica nota a Ken Kelly, grande disegnatore anche degli album dei Manowar, secondo me questa copertina e quella di Fighting the World sono un po’ troppo simili….ma è l’ultimo dei problemi!

Emiliano “Hogan” Pastorelli

 

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