Recensione: Devoid

Di Salvatore Pireddu - 30 Aprile 2008 - 0:00
Devoid
Band: Dark Lunacy
Etichetta:
Genere:
Anno: 2000
Nazione:
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85

Il disco d’esordio di una delle più importanti band italiane mostra la potenza e la genialità di cui questi ragazzi di Parma sono capaci. Dopo due anni dall’uscita dell’EP Silent Storm, e ad appena un anno dall’uscita della loro demo, i Dark Lunacy si impongono nel mondo del Death melodico spiccando per originalità e soprattutto per l’elevatissimo livello artistico. A fare di Devoid un capolavoro internazionale non è solo la tecnica e la potenza di musicisti come Enomys, Baijkal e Harpad, ne la voce di Mike, che sa adattarsi a canzoni diversissime, dal tormentoso lamento dell’anima al ruggito furioso; per fare di questo album il disco superbo quale è, non basterebbero neanche l’aggiunta degli archi, né i bellissimi testi struggenti e poetici: i Dark Lunacy sono tutto questo e molto altro ancora, e possiedono una forte e rara carica capace di toccare le corde più nascoste dell’animo di chi ascolta. La drammaticità e la melanconia che sono capaci di suggerire diventano un turbine che arriva dritto dentro il cuore e la mente, fondendosi con melodie ora quiete, nostalgiche, ma che cedono poi il passo a potenza e tecnica, divenendo travolgenti e trasmettendo emozione pura.

L’album comincia con Dolls, splendida canzone in cui violini, violoncello e viola accompagnano riff graffianti e una voce rabbiosa, creando un’atmosfera inquietante in cui suoni del passato ridiventano attuali: l’animo è tormentato da nuovi e vecchi incubi, incarnati nella inquietante figura della bambola che danza. Il pezzo successivo, Stalingrad, affianca alle sonorità aggressive tipiche del Death l’armonia degli archi per trasmettere solennità. La canzone ovviamente fa riferimento alle Novecento Giornate di Stalingrado, e colpisce perché oltre alla ferocia e potenza della guerra, allude alla sua drammaticità, sia nelle liriche sia nella musica. Non è ormai un mistero che Mike e soci abbiano una vera e propria passione per l’Est Europeo: Forlorn apre con quella che sembra una canzone popolare russa, con fisarmonica, violino e coro maschile. Questo esperimento riesce benissimo, e il connubio tra inni solenni affiancati a potenza e brutalità delle pelli di Baijkal e delle corde di Enomys e Harpad è un successo; Varen’ka, Frozen Memory e Take My Cry confermano l’alta qualità di questa formula. Quest’ultimo brano chiude il disco con il pianoforte che accompagna il finale in un crescendo di emozione.

C’è un versante di questo capolavoro che mostra un sapiente uso di strumenti della musica classica, per donare inquietudine o per creare immagini di tempi e luoghi lontani e maestosi; ma c’è anche un’altra faccia di Devoid, ed è quella più fortemente melanconica e drammatica. L’amore per la cultura slava dei Dark Lunacy mostra ora il volto dell’emozione che rimbomba nel profondo dell’animo, della bellezza di immagini decadenti e cariche di passione. Cold Embrace, l’interludio Devoid, December e Time For Decay sembrano ricalcare a ogni passo il concetto dell’ineluttabile e gelido freddo che talvolta attanaglia l’uomo che va incontro al suo destino.

Time For Decay merita una menzione particolare: la bellezza e la carica emotiva che suggeriscono i vari elementi della canzone la rendono speciale. Ma è un altro il pezzo che più di tutti meglio suggerisce l’idea di quel tormento che poeticamente può esser chiamato il male di vivere. Se la figura dell’inverno dell’esistenza accompagna il mito funereo della fine dei giorni, i sentimenti della nostalgia e del patire dell’anima sono rappresentati con l’autunno, col suo passo cadenzato e la sua decadenza che tutto avvolge. Fall descrive un autunno della natura come quello dell’anima, con la capacità di una magnifica poesia e con melodie che inculcano emozione come staffilate nel cuore. Il cadere di una foglia diventa il cadere dell’uomo verso la propria debolezza e insicurezza.      

Con Devoid i Dark Lunacy firmano un capolavoro. C’è poco da dire. Il loro stile è unico, e soprattutto, efficace. Qualunque sensazione essi cerchino di suscitare, ci riescono. Qualunque tema essi vogliano affrontare, possono affrontarlo con disinvoltura. La band ha ormai occupato il suo posto nel panorama internazionale, dando prova col tempo di essersi guadagnata la degna fama di cui gode.

Tracklist

1  Dolls
2  Stalingrad
3  Forlorn
4  Frozen Memory
5  Cold Embrace
6  December
7  Devoid
8  Varen’ka
9  Time For Decay
10 Fall
11 Take My Cry 

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