Recensione: Devotion And Hate

Di Andrea Bacigalupo - 13 Maggio 2019 - 21:21
Devotion And Hate
Band: Cabrio
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2019
Nazione:
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72

I Cabrio sono la nuova creatura di Andrés Marchant, ex vocalist dei Necrosis (tra le band che hanno dato vita al movimento Thrash cileno negli anni ’80) e dei più recenti Kingdom of Hate.

Chiamati a raccolta i musicisti Mauricio Peña al basso (già con lui nei Kingdom of Hate), Julio Constanzo e Alberto Arenas alle chitarre e Rodrigo Leiva alla batteria, l’indomito vocalist ha dato vita alla propria band sfornando autonomamente il primo album, dal titolo ‘Devotion And Hate’, rendendolo disponibile dal 24 maggio 2018 e promosso da aprile 2019 dall’agenzia Against PR.

Il loro è un Thrash feroce, senza compromessi, che amalgama l’Old School con elementi più moderni trovando uno stile sferzante e granitico che percuote ben bene l’anima di chi ascolta.

Il perno è la voce di Andrés Marchant, molta carica e furiosa anche se deve sopperire alla poca estensione con urla ed eccessi di rabbia, che non sempre si dimostrano positivi, slacciandosi, a volte, dal brano.

Logo Cabrio   Francisco Martín Gutiérrez

I musicisti sanno fare bene il loro lavoro, esprimendo riff incisivi e determinati, ritmiche serrate ed assoli di buona fattura, seguendo e proseguendo il lavoro della voce, carichi di coinvolgente melodia senza eccessi di virtuosismo, generando buona forza e deflagrante pesantezza.

Thrash Metal tirato dritto addosso, senza starci troppo a pensare, cattivo come l’aglio: otto brani, della durata complessiva inferiore ai tre quarti d’ora, tirati e detonanti, con pochi momenti per tirare il fiato e raccogliere le idee, con l’aiuto di qualche ospite, appartenente alla scena rock/metal cilena, per aumentare il tasso adrenalinico e l’interesse: Rodrigo ‘Pera’ Cuadra in ‘Seed of Deception’,  il cantante/chitarrista Anton Reisenegger in ‘The Rapture’ e la vocalist Cinthia Santibañez in ‘Dios Sin Fè’.

CABRIO band 500

Tra i brani è devastante l’opener ‘Twenty Thousand Tons’, veloce ed abrasiva, con un inizio vecchia maniera che è un pugno in faccia. La rabbia incede impetuosa attraverso strofe e cori dirompenti ed imperativi. L’oscurità scende nell’interludio che porta ad un assolo melodico ed enfatico che anticipa le strofe finali.

La seguente ‘I Have Become’ si muove su partiture più moderne, con sezioni stoppate accompagnate da una batteria inarrestabile. La ferocia del brano non fa prigionieri, con una ritmica dirompente ed una voce che esprime tutta la sua rabbia. Peccato che sfuma, perchè questo dà un senso di incompletezza.

Arazamas’ si attorciglia alla vecchie radici, veloce e possente, diretta e senza fronzoli carica di essenzialità, con un momento d’ira incontrollata che conduce a qualche secondo di onirica quiete. Poi l’energia riesplode sintetica, quanto incisiva, prima del finale.

Seed of Deception’ è una furia imperiosa che chiama alle armi, travolgente e cangiante; di nuovo i ritmi moderni si uniscono con quelli più datati, dando sfogo a tutta la rabbia covata dal combo.

Man Made God’ è un’altra sfuriata dominata dall’aggressività dei ritmi attuali, un po’ meno veloce ma comunque devastante, con cori coinvolgenti ed un assolo su base lenta, ma potente ed oscura, carico d’enfasi che conduce alla fine. Un momento di tranquillità azzeccato che lascia immediatamente il posto alla violenza sonora di ‘The Rapture’, un’altra esplosione che scaglia detriti ovunque, con un’inaspettata parte centrale acustica, con synth in sottofondo, che porta ad un epico tempo medio prima dell’improvvisa ripartenza a mille all’ora.

Violence & Solitude’ percorre gli stessi binari: un treno carico di cattiveria lanciato in corsa, che non si ferma in nessuna stazione con un refrain per bestie da palco.

Chiude l’album ‘Dios Sin Fè’, cantata in lingua spagnola: un pezzo diverso dagli altri, con un arpeggio melodico iniziale che rilassa prima che il suono esploda in un tempo medio da brivido. Non c’è velocità o pestaggio, ma tanta melodia incisiva e durezza che sottolinea l’onnipresente rabbia dei Cabrio, ulteriormente amplificata dalla voce femminile di Cinthia Santibañez alla quale viene affidato un controcanto da incubo, oltre alle strofe che vanno ad aggiungere disperazione alla rabbia. Un pezzo che chiude con forza un album già energico e vitale.

Concludendo, un buon esordio quello dei Cabrio, sicuramente dovuto all’esperienza  dei componenti, alle loro idee chiare e doti artistiche. Le poche sbavature non lo compromettono e può essere ascoltato un po’ da tutti. Seguiamo con attenzione lo svolgersi del loro futuro: non ci deluderanno.

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