Recensione: Devoured Beyond Recognition

Di Daniele D'Adamo - 4 Febbraio 2016 - 0:00
Devoured Beyond Recognition
Band: Fleshless
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2015
Nazione:
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68

Una bella carriera, quella dei cechi Fleshless. Nati nel 1993 in quel di Děčín, nel corso di ventitré anni hanno sfornato, oltre a demo e split vari, otto full-length, di cui l’ultimo è questo “Devoured Beyond Recognition”.

Come si può facilmente intuire dalla copertina a tema, il genere suonato è il brutal death metal, giacché campeggia, come protagonista dell’artwork, il solito macellaio di carne umana.

Al contrario di tantissimi altri gruppi che propongono analoghi contenuti musicali, i Fleshless inseriscono – nel loro impeccabile quanto aggressivo brutal – una discreta dose di melodia (sic!). Ovviamente non bisogna aspettarsi qualcosa di simile agli Europe di “The Final Countdown”, tuttavia l’effetto complessivo della scellerata unione è gradevole e, soprattutto, un po’ diverso dai soliti cliché.     

Non troppo, questo bisogna sottolinearlo, poiché, per esempio, il growling e l’inhale suinico di Vladimir Prokoš non sono certo dei campioni di originalità, anche se interpretati alla perfezione secondo i canoni del caso. Anche l’eccellente lavoro dei chitarristi Luděk Huzán e Michal Filipi è quel che ci vuole, in un disco come questo. Rudi e sgraziati, i due riescono comunque a innalzare un consistente muro di suono. Un po’ indebolito da un drumming sì fulmineo e preciso, ma poco incisivo in quanto a energia e potenza. Un sound fresco ma non troppo, insomma.

Il quale, in ogni caso, non mostra né crepe né fori, manifestando in tal modo l’esperienza tecnico/artistica dei Nostri, ben capaci di disegnare senza indecisioni il proprio marchio di fabbrica. Da “Intro” a “Outro” la consistenza dei brani è più che buona, tale da garantire una continuità strutturale del platter niente affatto scontata.

Del resto, song come “Mind Eclipse” mostrano tutta la maturità  compositiva del quartetto mitteleuropeo, capace di districarsi con discreta classe nei meandri delle complicate architetture del brutal death metal. D’altro canto, però, manca quel qualcosa d’indefinibile, atto a innalzare però il livello generale dell’opera.

Pare difficile, cioè, che i Fleshless possano superare la barriera dei fan accaniti del genere e/o della band stessa. Alla lunga, ma nemmeno troppo, difatti, l’ascolto trascina con sé un po’ di noia. Generata, appunto, dalla mancanza di spunti o trovate davvero vincenti, davvero innovativi.

Alla fine, malgrado il ridetto innesto armonico, “Devoured Beyond Recognition” è e rimane un classico album medio di brutal death metal.  

Daniele D’Adamo

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