Recensione: Di Fuoco e di Rabbia

Di Stefano Burini - 1 Luglio 2016 - 21:48
Di Fuoco e di Rabbia
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2015
Nazione:
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80

Fuori da ogni logica commerciale, fuori dal tempo e tutto sommato anche dallo spazio, i bergamaschi Gotto Esplosivo tornano a distanza di quattro anni dall’uscita del debut album con un disco nuovo di zecca, sapientemente intitolato “Di Fuoco e di Rabbia”.

M’illumino, bruciandomi

Fin dalla copertina, ultra-minimale eppur di grande impatto e con quel monicker che sembra richiamare con egual convinzione tanto l’immaginaria bevanda resa famosa dalla “Guida galattica per autostoppisti” quanto l’altrettanto noto vino da discount, l’attitudine contro del quartetto nativo dell’alta Valle Brembana si palesa in tutta la sua sfolgorante forza espressiva.

L’incipit (con “Introverso” e la successiva “Largo al Re”, ma per certi versi anche con l’autoreferenziale “Il Primo Passo”) pare seguire le tracce di band come i conterranei Folkstone alla ricerca di atmosfere da musica medievale/rinascimentale; tuttavia è con le prepotenti “Ora Et Labora”, “Catrame”, “Nervi Saldi” e “Recidivi” che i curatissimi testi trovano un perfetto amalgama con il robusto coté strumentale intessuto dalla chitarra di Lasku e dalla sezione ritmica composta da Matt al basso e da Nic alla batteria.

Volo di condor sulla mia testa/il tuo malocchio, l’ira funesta/mi maledici senza una sosta/ma i tuoi rapaci sono mendaci

Anto ci sa fare con le rime e grazie all’ausilio dell’italico idioma le tematiche care ai Gotto Esplosivo emergono con un tono a metà strada tra il beffardo e il poetico, facendosi strada tra efficaci figure retoriche («E intanto giorni al rogo covando la cirrosi/ mentre s’allungano le code s’accorcia la vita»), citazioni colte (“Un altro giorno senza meta passerò/m’è dolce questo naufragare/lungo la strada dei bisogni che non ho») e amari giochi di parole («che fare se non c’è niente da fare?») potenzialmente in grado di mandare al tappeto in un millisecondo gli pseudo rapper di oggi.

Fai che domani mi rimanga un bel vuoto/e ancora un poco di noia/a giustificare il centro commerciale la domenica

La routine, il lavoro e la religione, la politica, l’ipocrisia e il tempo che scorre: questi e altri i temi saldamente ancorati al quotidiano (e in particolare al quotidiano lombardo/bergamasco) affrontati con grande lucidità e con un’ironia tutt’altro che banale, azzeccatissima nel mettere alla berlina tutti gli assurdi orpelli che giorno dopo giorno scandiscono le nostre vite. C’è poi anche un po’ dei Litfiba più maudit qua e là, laddove i versi di Anto vanno a toccare tematiche socio/politiche, tuttavia l’abbinamento di riff hard rock con testi al vetriolo il più delle volte al limite dal rap ricorda piuttosto da vicino anche mostri sacri come Faith No More e Rage Against The Machine, ovviamente introiettati e rivisitati in salsa orobica.

Sono il rigetto dei tempi cupi/nel mio prospetto non sono Stakanov/padroni esperti e ladroni astuti/sono il reietto

Un gran calderone, insomma, nel quale le varie influenze trovano tuttavia un denominatore comune nella straordinaria energia e in quella voglia di spaccare il culo al mondo in barba alle mode che traspaiono e anzi brillano in mezzo a distorsioni asciutte e al rullare energico di pelli e quattro-corde. “Di Fuoco e di Rabbia” non è un disco per tutti, tali e tante le sue peculiarità; nel contempo si configura con assoluta certezza come un disco unico e irrinunciabile per tutti gli amanti della musica buona, genuina e – per una volta – fuori dal coro.

La serata del DJ mi ha lasciato un po’ deluso/quel che cerco non saprei, forse sono un po’ confuso…

Stefano Burini

 

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