Recensione: Different World

Di Giulio Caputi - 27 Marzo 2004 - 0:00
Different World
Band: Uriah Heep
Etichetta:
Genere:
Anno: 1991
Nazione:
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82

Ritengo inutile soffermarmi sulla storia degli inizi di questa immensa band (già trattati in altre esaurienti recensioni), passo alla descrizione della line up presente su questo disco che poi è anche quella attuale. Da circa 16 anni gli Uriah Heep portano avanti un discorso musicale improntato su un hard rock melodico di ampio respiro in cui si inserisce a meraviglia la voce del talentuoso Bernie Shaw (ex Grand Slam), a mio modo di vedere l’arma vincente del gruppo, così accanto ai veterani Mick Box (chitarra) e Lee Kerslake (batteria) troviamo anche il tastierista Phil Lanzon ed il bassista Trevor Bolder già con gli Uriah Heep de periodo Lawton. Con questa formazione rinnovata gli Uriah Heep uscivano da un periodo di crisi dovuto soprattutto alla fuoriuscita del cantante Peter Goalby ed il tastierista John Sinclair, ma in parte anche al fiasco commerciale di Equator. Il primo segno della ritrovata vitalità è dato dal “Live in Moscow” del 1988, prima esibizione di una band occidentale in terra russa ed il successivo e valido “Raging Silence” del 1989 prometteva piuttosto bene. Purtroppo la grande qualità degli album non è stata ripagata giustamente dalla popolarità e gli Heep dopo una decade gloriosa, quella dei ’70 hanno pagato un duro dazio, tanto che nel 1991 “Different world” perla di hard rock melodico è passata letteralmente inosservata, addirittura per mascherare il fallimento Mick Box è stato costretto a rinnegare in parte questo lavoro addossando le responsabilità alla casa discografica ed alla produzione, facendo intendere che il disco così come è uscito non era stato inteso dalla band alla stessa maniera. Ma io sinceramente non ho mai compreso bene queste affermazioni perché anche dopo 13 anni dall’uscita è sempre un grande piacere per me riascoltare “Different world” e credetemi è un disco permeato di un romanticismo veramente unico, che ti entra dentro e non ti lascia più.
Passando alle songs il disco si apre con “Blood on stone” canzone hard rock dal forte impatto con un buon ritornello che lascia presagire un ritorno degli heep verso antiche sonorità, ma la seconda “Which way will the wind blow” mi contraddice subito: batteria funkeggiante, ritornello ipnotico di stampo AOR, originalissimo cantato che va a sottolineare uno dei pezzi migliori dell’album, ottima!, la terza “All God’s children” forse è la mia preferita del disco, anche in questa il ritmo è sostenuto da un gran lavoro di batteria, si nota in particolare lo straordinario affiatamento di Bolder/kerslake, ma ciò che più colpisce è la voce di Shaw, veramente commovente, molto comunicativa, in grado di rendere espressive anche le parole apparentemente poco significative, conclude la canzone uno stupendo coro di bambini a rendere il tutto ancora più magico. “All for one” è una classica canzone di AOR melodico, con la semplice differenza che la solita superba voce di Show la rende magistrale, in particolare ritornello. Passando alla titletrack , c’è da dire che uno dei pezzi riproposti dal gruppo in sede live, soprattutto perché è molto orecchiabile e di facile presa. Ma con “step by step” torniamo all’hard rock più diretto e viscerale, tanto per far intendere che sono capaci di pestare giù duro quando ne hanno voglia e anche qui è sopra le righe la prestazione della funambolica sezione ritmica. L’ultima parte di “Different world” si apre con due orecchiabili e godibili canzoni di rock melodico “Seven days” e “First touch”, seguite dal capolavoro “One on one” come al solito Bernie Shaw tira fuori tutta la sua carica espressiva e soprattutto in questa song mette in risalto l’aspetto romantico del disco. Il finale è rappresentato da una stupenda ballad :”Cross that lines”, anche questa trova spesso spazio nella scaletta dei concerti, infatti ha un appeal ed un ritornello memorabili che conclude a mio modo di vedere uno degli album più belli che gli Heep abbiano composto. Non riesco obiettivamente a trovare un solo punto debole, tutte le canzoni sono piacevoli, il sound è fresco ed il songwriting ispiratissimo, ancora non riesco a capire il motivo del suo insuccesso; certo la produzione non è proprio memorabile ed è per questo che non dò un voto esagerato, l’unica cosa che posso dire è che all’epoca pochi o nessuno sapevano dell’uscita di questo disco per cui, ora che truemetal ci da questa possibilità di rivalutare i dischi del passato mi sembra doveroso inserire in questo contesto anche “Different world” che sono sicuro non vi deluderà.

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