Recensione: Doom Of Destiny

Di Gaetano Loffredo - 19 Novembre 2007 - 0:00
Doom Of Destiny
Band: Axxis
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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80

Quello che giungerà a Roma e a Milano i prossimi ventisette e ventotto novembre, si prospetta come uno dei più grandi power metal tour degli ultimi anni; non solo Helloween e Gamma Ray alla corte del festoso pubblico italiano, ma anche gli Axxis, che affiancheranno agli ottimi brani di Gambling With The Devil e di Land Of The Free Part II la potenza e la melodia di Doom Of Destiny.

2004. Accade che un quotata formazione tedesca decida di spostare il suo canone musicale, definiamolo class rock, per ampliare i propri orizzonti: nasce l’ibrido Time Machine e, un paio d’anni dopo, Paradise In Flames, il disco che si dedica inaspettatamente al power/heavy melodico. Non avevo tessuto lodi sperticate a favore del precursore di Doom Of Destiny, un album che dispone di una fitta “ragnatela” di idee non sempre incastrate alla perfezione, dodici pezzi a mio avviso “simpatici” e nulla più.

L’ostentato successo commerciale di Paradise In Flames (in effetti deve essere piaciuto a tanti) ha convinto gli Axxis a continuare sul percorso sinfonico: Doom Of Destiny non è altro che la sua prosecuzione stilistica caratterizzato, però, da una maggiore ricercatezza nella fase di songwriting, da un accuratissimo senso melodico e da una produzione impeccabile.
Un azzardo, se pensiamo al passato, giocato sul filo dell’equilibrio tra cavalcate metalliche e melodie smaliziate, per un mosaico che vorrebbe accontentare (ma non sempre ci riesce) vecchi e nuovi supporter.

La naturalezza e la validità delle nuove composizioni ha due esponenti di lusso: Doom Of Destiny (Arabia) e Bloodangel, brani che hanno il grande merito di unire armonia e dinamismo, basati su intuizioni vincenti e costruiti su ritornelli semplici ma irresistibili. Impossibile, infatti, non canticchiarli dopo i primi ascolti.
Il comparto ritmico è arricchito dalla musicalità delle tastiere di Harry Oellers, dagli spunti corali e dal duetto vocale di Bernhard Weiss e di Lakonia, rispettivamente voce maschile (che non ho mai particolarmente apprezzato, a dire il vero) e femminile.
Non farete fatica ad assimilare il romanticismo orchestrale di The Fire Still Burns e, non resterete indifferenti alle impennate elettriche di Father Father piuttosto che all’enfasi impressionistica della conclusiva Astoria, uno degli “attimi” cruciali dell’intero lavoro.
In mezzo tante altre parabole ascendenti: Better Fate e I Hear You Cry non esalteranno ma, nell’economia del disco, risultano pressoché indispensabili.

Benché la formula sia unica e incontrovertibile, all’interno del disco non troverete canzoni fuori posto, non si registrano passaggi stancanti e/o monotoni e, nonostante la sostanziale assenza di evoluzioni stilistiche, è un lavoro che rappresenta qualcosa di più di un semplice diversivo.

Anche Doom Of Destiny rientra di diritto nella categoria “disco power/heavy dell’anno” e, questa volta, non sarà affatto semplice sceglierne uno. Da avere.

Gaetano Loffredo
 

Tracklist:
01.Voices of Destiny
02.Doom of Destiny (Arabia)
03.Better Fate
04.Bloodangel
05.I hear you cry
06.The fire still Burns
07.Father Father
08.Revolutions
09.She got Nine Lifes
10.Devilish Belle
11.Astoria

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