Recensione: Doomsday X

Di Stefano Risso - 15 Settembre 2007 - 0:00
Doomsday X
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Anno: 2007
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80

Ritornare a tre anni dall’ultima uscita discografica, e non cambiare
praticamente nulla del proprio stile. Una mancanza per la stragrande maggioranza
delle formazioni tutt’ora in attività, questione di coerenza per una band che
compie quest’anno venti anni di vita, con nove full-length alle spalle, di cui
più d’uno entrato di diritto nella storia del genere. Per alcuni potrebbe essere
un difetto, un adagiarsi sugli allori, una mancanza di innovazione che, alla
luce di Doomsday X, non mi sento di condividere.

Vantaggi del mestiere si direbbe, specialmente se questi “vantaggi” sono stati
acquisiti sul campo, mantenendo sempre alta la bandiera del brutal death
floridiano. Non è affatto il mio un approccio nostalgico, non è nella mia
filosofia di intendere la musica, ma quando ci si trova dinnanzi a un disco
tanto classico quanto efficace, allora bisogna deporre tutte le “paranoie” da
redattore e lasciar parlare la passione e il cuore. E in questo caso il cuore
dice, anzi urla, che i Malevolent Creation hanno dato vita all’ennesimo
tassello di una discografia quasi immacolata, in grado di superare i buoni
risultati del precedente
Warkult
,
semplicemente mettendo in atto quello che sanno fare meglio. Una lezione su come
si possa suonare death metal ad altissimi livelli senza mai annoiare, riuscendo
a trasformare passaggi ampiamente prevedibili in vere e proprie esplosioni di
violenza che riescono, ancora oggi, a destare più di un sussulto.

Sì perchè il classico schema, più o meno fedelmente eseguito in tutte le tracce
di Doomsday X, è il seguente: up tempo, prima chitarra che
scandisce il nuovo riff, successivo ingresso della seconda chitarra a
sottolineare il riff, entrata prepotente della batteria, per poi dare inizio al
massacro. Eppure brani sulla carta gia ben noti a chi è avvezzo a queste
sonorità, come Cauterized, Archaic, Buried in a Nameless Grave,
Dawn of Defeat, o Unleash Hell, sono piccole perle che sfido
qualunque amante del death a non apprezzare per la propria disarmante
“classicità”, per la capacità di riuscire ancora ad essere spietate, oscure,
così dannatamente belle da farvi ancora sobbalzare dalla poltrona… Tutto
merito di musicisti che sanno il fatto loro, che nonostante si siano lasciati
alle spalle veri e propri capolavori, hanno ancora la voglia di fare musica di
qualità, merito di “giovanotti” come Phil Fasciana, con le sue ritmiche a
dir poco assassine, o come Dave Culross, batterista fenomenale per
velocità e precisione (peccando un po’ in fantasia, ma in fondo…ma che ci
frega? ehehe…).

Una qualità di base che rimane sempre molto elevata, distribuendo classe, e
sapendo usare sia il fioretto in alcuni assoli dal flavour più “melodico”
(virgolette a volontà) del solito, sia la mazza ferrata in brani come Culture
of Doubt
(in cui si registrano lontani sentori black), riuscendo a cucire
attorno ai pezzi la solita atmosfera opprimente che ha caratterizzato tutta la
produzione dei Malevolent Creation (ascoltate la strumentale Prelude
to Doomsday
e capirete). A mio avviso solo due passaggi leggermente sotto
tono, Upon Their Cross e Strength in Numbers, che non pregiudicano
minimamente la potenza e la portata di Doomsday X, in cui vediamo
anche Mick Thompson, chitarrista degli Slipnkot (il numero 7),
eseguire un bell’assolo -il secondo- in Deliver My Enemy, inaugurata da
alcuni riff riconducibili alla band di Iowa, e Kyle Symons, ex cantante
della band, nella conclusiva Bio-Terror, un brano che parte in sordina
con la doppia cassa a “elicottero” di Culross a predisporvi alla mazzata
che sta per scagliarvisi contro.

Quest’ultimo brano dà uno spunto di riflessione riguardo il ritorno del cantante
storico dei nostri, ovvero, Brett Hoffmann, autore di una prova dignitosa
ma non così incisiva, che a confronto col suo predecessore negli ultimi due
dischi, stona leggermente. Inezie comunque, per un album supportato inoltre da
una produzione eccellente, con dei suoni della batteria spettacolari, caldi e
nitidi al tempo stesso. Doomsday X è un lavoro che non solo fa
tornare alla memoria i fasti del passato, ma che dona l’immagine di una band in
piena salute, e che fa ben sperare per il proseguimento della carriera dei
nostri, purtroppo falcidiati da problemi di formazione, dove al ritorno di
Jon Rubin
, fa il paio, un altra volta, lo split con Dave Culross,
reso noto pochi giorni fa. Non uno dei massimi capolavori del 2007, ma un disco
capace di mettere in riga ancora tante giovani leve, e anche qualche band
coetanea uscita con una nuova fatica quasi in contemporanea…

Stefano Risso

Tracklist:

1. Cauterized
2. Culture of Doubt
3. Deliver My Enemy
4. Archaic
5. Buried in a Nameless Grave
6. Dawn of Defeat
7. Prelude to Doomsday
8. Upon Their Cross
9. Strength in Numbers
10. Hollowed
11. Unleash Hell
12. Bio-Terror

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