Recensione: Drones Of Awakening

Di Daniele D'Adamo - 24 Luglio 2013 - 0:01
Drones Of Awakening
Band: Eyeconoclast
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2013
Nazione:
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83

 

Cinque anni di attesa.

Cinque anni da “Unassigned Death Chapter”, debut-album che ha mostrato l’assoluta qualità tecnico/compositiva di questa formidabile band italiana. Cinque anni intervallati dalla produzione di un solo, ottimo EP (“Sharpening Our Blades On The Mainstream”, 2011), le cui tre tracce (“Sharpening Our Blades On The Mainstream”, “Anoxic Water”, “XXX – Manifest Of Involution”) sono confluite – a mo’ di apripista – assieme ad altre otto, in “Drones Of Awakening”, secondo capitolo della saga Eyeconoclast. Secondo capitolo che mostra sin da subito, cioè dalla sua semplice osservazione, tutti i crismi necessari per farsi notare in mezzo alla marea di prodotti similari, avvalendosi per ciò dello stupendo artwork in stile Transformers curato da Fabio Listrani. Oltre a cui, occorre evidenziarlo, c’è la sostanza della registrazione, missaggio e masterizzazione del chitarrista Stefano Morabito presso i 16th Cellar Studio di Roma, nonché un apporto consistente come quello della label californiana Prosthetic Records.

Come si poteva intuire all’epoca dall’ascolto del trittico summenzionato, i romani hanno definitivamente affinato le loro armi per dar luogo a una proposta pirotecnica nei contenuti, convincente sotto tutti i punti di vista: tecnica realizzativa di primo livello, messa su disco impeccabile ma, soprattutto, suono assolutamente devastante. Death metal sconquassante, assimilabile a un micidiale bombardamento a tappeto, a una gragnuola di schiaffoni sulla faccia, a una miriade di legnate sulla schiena. Una potenza immensa, debordante, annichilente, travolgente. Senza rischiare di essere esagerati nella ricerca di sostantivi e aggettivi, si può accostare l’impatto prodotto dal combo capitolino a quello di un’esplosione termonucleare. Difficilissimo, e la Storia lo insegna, mettere assieme così bene folle rapidità di esecuzione e dosi elevatissime di energia senza perdere mai la bussola nemmeno per un attimo, lasciando fuori dalla porta anche il minimo accenno di caos. Si possono citare i defunti Zyklon come esempio calzante di uguale precisione chirurgica nell’eiettare onde sonore di tale intensità e velocità. In tal senso, più che per la contaminazione con intarsi elettronici vari (cyber death metal) – che difatti non ci sono, appare del tutto legittimo l’accostamento visivo a macchine cibernetiche senzienti, cioè capaci di svolgere il loro compito in maniera spietatamente accurata, cronometrica, matematica. Soprattutto per quanto riguarda la sezione ritmica, capace di forare la barriera del suono con infernali blast-beats evitando che il suono stesso perda robustezza ma anzi regalando al medesimo, oltre a una definizione robotica, il calore e la profondità di un groove assimilabile a quello del post-thrash.   

Oltre a ciò, Stefano Morabito e i suoi compagni riescono a infilare in “Drones Of Awakening” una buona razione di melodia. Certamente non tanto da far pendere il loro death verso il melodic, ma comunque abbastanza da movimentare ulteriormente (semmai ce ne fosse stato davvero bisogno…) l’insieme delle canzoni. Allontanando in modo chiaro e netto, nonostante il massiccio estremismo della proposta, ogni minimo accenno di noia e generando così in chi ascolta l’azione che, probabilmente, ogni musicista sogna: finire il disco e cominciare daccapo! Non a caso, difatti, pure il songwriting è esente da difetti. Anzi, esso presenta una compattezza granitica e una costanza sostanziale degna dei migliori interpreti mondiali del genere. Dalla spaventosa grandinata di proiettili d’artiglieria sparata da “Proclaiming From Dead Dimension” alla durissima cover degli svedesi The Crown “Executioner (Slayer Of The Light)” (da “Deathrace King”, 2000) non c’è attimo di tregua nella proposizione di un sound inarrestabile, che non ammette nessun filler, fra le sue composizioni. Anzi, raggiungendo vette notevoli in occasione di brani clamorosamente riusciti come, per esempio, “Mother Genocidal Machine”. Pezzo torrenziale, da sfascio totale, straziato da riff che ribalterebbero pure un carro armato, nobilitato tuttavia da intarsi armonici di gran pregio; pezzo che – a parere di chi scrive – può essere preso a modello come esempio dell’incredibile sound dei Nostri.    

Eyeconoclast. “Drones Of Awakening”. Da segnare e sottolineare in rosso il nome di entrambi. Al momento, una delle migliori coppie in ambito death. E non solo in Italia.

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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