Recensione: Drowned by Humanity

Di Daniele D'Adamo - 6 Febbraio 2019 - 11:08
Drowned by Humanity
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2019
Nazione:
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78

Con alle spalle una carriera esaltata da fan e mass media, ma in sostanza costellata di full-length non particolarmente eccezionali, tornano i deathster tedeschi Deserted Fear con un album nuovo di zecca, “Drowned by Humanity”, il quarto della serie.

Stavolta, al contrario del passato, rappresentante un marcato punto di svolta in uno stile che non mostrava altri segni caratteristici rispetto ai canoni consolidati che tratteggiano il death metal (vecchia scuola). Un giro di boa individuabile in un innesto deciso della melodia. A onor del vero anche in passato qualche armonizzazione orecchiabile spuntava fuori, qua e là. Stavolta, invece, ci si trova davanti un lavoro che è definibile, in tutto e per tutto, melodic death metal.

Non bisogna aspettarsi richiami puntuali alle band degli anni novanta, cioè al gothenburg metal et similia. No. Il terzetto di Eisenberg va per la propria strada mantenendo inalterato il proprio DNA dedito al segmento manifestamente ortodosso del genere di cui trattasi. Esso non snatura, cioè, il proprio sound, elaborato in dodici anni di attività e nella sequenza dei platter pubblicati. Semplicemente, innesta su di esso una rilevante componente orecchiabile. La quale, non essendo certamente spiccata né tantomeno stucchevole, risulta un elemento aggiuntivo rispetto alla struttura principale di un sound che, di per sé, era decisamente anonimo.

Ciò che ne esce non è in ogni caso originalissimo, e qui si ricade in parte nel difetto principale del combo teutonico, ma, perlomeno, aggiunge un po’ di pepe a qualcosa che rischia costantemente di essere noioso. Con che, finalmente, la fama che precede Manuel Glatter e i suoi due compagni può dirsi finalmente meritata, anche se ancora parzialmente, perlomeno a parere dello scriba. 

La forma-canzone assume i caratteri di un sano ordine fra strofe, ponti e ritornelli, questi ultimi ben bilanciati fra ferina aggressività e ruvida melodiosità. La quale, dato l’ottimo growling di Glatter, duro e riottoso ma perfettamente intelligibile, è fondamentalmente deputata al lavoro delle chitarre dello stesso Glatter e di Fabian Hildebrandt, impegnate a costruire un poderoso muro di suono sul quale dipingere ammennicoli e orpelli, perché no, di pregevole fattura. Un segno del songwriting che, a essere onesti, non si è mai considerato possibile coesistesse nelle capacità compositive della formazione della Thuringia. 

Già l’intro lascia intravedere che qualcosa è cambiato, nei Deserted Fear, giacché si ammanta di possenti orchestrazioni dal tono totalmente epico. Ma è la prima song vera, ‘All Will Fall’, che timbra uno stile finalmente diverso da quello sin qui ascoltato. Il suono è sempre possente, rabbioso, aggressivo. Però, in mezzo a tanta potenza, spuntano come funghi sprazzi di ottima qualità melodica. Come già scritto, frutto di un gran lavoro da parte delle due asce, le quali rappresentano la quasi totalità di un sound centrato e ben definito. Sia all’interno di ogni singolo brano, sia nell’insieme dei medesimi. Merito, anche di un drumming lineare e preciso, quello di Simon Mengs, anche in occasione dei rari blast-beats.

Brani che, comunque, non sono ancora tutti omogenei, presentando  differenze rispetto a tracce davvero ben riuscite come per esempio la stupenda ‘Reflect the Storm’. La quale, se il percorso cominciato con “Drowned by Humanity” dovesse proseguire nella direzione intrapresa, dovrebbe diventare l’obiettivo da centrare per tutti pezzi messi su platter. 

Onore ai Deserted Fear, quindi, che hanno saputo scrollarsi di dosso con coraggio le ragnatele di uno stile stantio, pregno di cliché abusati e stra-abusati, per deviare verso qualcosa che, al memento, appare essere ancora in fase embrionale ma che, di già, fornisce speranzose indicazioni di un gruppo in grado, stavolta, di frasi notare per la sostanza, oltreché per la forma. 

Continuando così, difatti, c’è da aspettarsi un futuro da grande nome, per loro. Per tutto quanto sopra evidenziato, “Drowned by Humanity” è un lavoro adatto a tutti, non solo ai fan dell’old school death metal e del metallo oltranzista in generale.

Consigliato.

Daniele “dani66” D’Adamo

 

 

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