Recensione: Easton Hope

Di Stefano Vianello - 22 Gennaio 2010 - 0:00
Easton Hope
Band: Orden Ogan
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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78

A due anni dalla pubblicazione di Vale, debut album osannato dalla critica specializzata, esce la nuova fatica in studio degli Orden Ogan, Easton Hope. La band tedesca arriva al successo nel 2008 con un album di rara qualità che ha unito la potenza del power metal di chiara matrice tedesca ad orchestrazioni epiche e cori pomposi e subito ha fatto breccia nel cuore degli ascoltatori. Da qui in avanti la strada viene spianata e il gruppo comincia tutta una serie di concerti che li porta a suonare su pachi di festival decisamente importanti quali Rock am Ring e Metal Camp.
Con il nuovo disco il sound viene perfezionato, nonostante le influenze a mostri sacri del genere come i Blind Guardian rimangano evidenti, le composizioni assumono un tono personale di tutto rispetto che permette loro di emergere dal mare di composizioni che affollano il genere.
L’evolversi del disco parte da riff aggressivi e pieni di rabbia che dominano buona parte delle tracce e si avviano man mano a soluzioni più melodiche colmate da orchestrazioni possenti e cori ariosi, il tutto coadiuvato dalla splendida voce del singer Seeb, che si destreggia tra parti dolci e leggere e parti rabbiose e violente con abile maestria e pregiata tecnica.

La prima traccia, Rise And Ruin, è una breve intro strumentale che fa della magnificenza delle orchestrazioni suo punto di forza primario e introduce al primo vero e proprio brano, ovvero Nobody Leaves canzone che estremizza il sound della band quasi al limite del thrash metal. Riff taglienti e serrati di chitarra conducono l’ascoltatore al tipico ritornello che una volta entrato in testa non se ne va più. La terza traccia, Goodbye, evoluzione della precendente, ne racchiude lo spirito dando la sensazione di trovarsi davanti a una specie di suite in più parti decisamente suggestiva.
La titletrack Easton Hope, altra canzone ricca di groove thrash anche se leggermente di qualità inferiore alle prime ci accompagna a Welcome Liberty brano che non si discosta troppo dallo stile finora proposto. Dalla successiva All These Dark Year il sound si evolve e cominciano a comparire sottofondi di tastiera dall’impronta tipicamente scandinava: l’arioso coro del ritornello ci porta alla memoria le melodie sentite recentemente nei lavori dei Keldian. Ci si aspetterebbe quindi una linea di veduta simile anche in Nothing Remains. Nulla di più errato. Il brano ricorda molto da vicino lo stile di Blind Guardian e Savage Circus: non a caso ritroviamo un ospite che accomuna entrambi questi gruppi al combo teutonico, ovvero il batterista Thomen Stauch. Arriva il momento di un attimo di pausa con la dolce e “strappalacrime” Requiem, una ballad piena di pathos e ricca di emozionanti cori che si conclude in un refrain a cappella di squisita bontà.
Ritorna la velocità con We Are Pirates, brano allegro e divertente che viene proposto con la partecipazione di Majk Moti (ex Running Wild) nel solo di chitarra, con The Black Heart che riprende lo stile delle prime tracce e con la conclusiva Of Downfall And Decline.

Tirando le somme, ci troviamo di fronte a un disco colmo di ispirazione e notevole freschezza, dal suono duro e pungente nei momenti giusti e dall’atmosfera decisamente ipnotizzante. Consigliato per tutti coloro che amano il power metal tedesco senza troppi fronzoli ma anche per tutti quelli che apprezzano le orchstrazioni sinfoniche e cori epici. Nell’attesa di una calata in terra italica degli Orden Ogan, chi volesse vederli dal vivo, potrà cogliere l’occasione della loro partecipazione a Wacken 2010 per ammirarli in uno dei più grandi e suggestivi festival estivi.

Stefano “Elrond” Vianello

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Tracklist:
1. Rise And Ruin
2. Nobody Leaves
3. Goodbye
4. Easton Hope
5. Welcome Liberty
6. All These Dark Years
7. Nothing Remains
8. Requiem
9. We Are Pirates
10. The Black Heart
11. Of Downfall And Decline

Lineup:
Seeb – Vocals
Tobi – Guitars
Lars – Bass
Nils – Keybords
Ghnu – Drums

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