Recensione: Ekpyrosis

Di Nicola Furlan - 21 Aprile 2017 - 7:00
Ekpyrosis
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2017
Nazione:
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78

Tre EP ogni tre anni hanno fino ad oggi segnato le tappe artistico-musicali dei thrasher napoletani E.vil N.ever D.ies. L’opportunità di averli seguiti fin dagli esordi mi permette di poter affermare con entusiasmo che il loro full-length di debutto, “Ekpyrosis”, anch’esso uscito dopo tre anni dall’ultimo EP del 2013 “Sulphur Paintings”, è un buonissimo esordio. Diciamo fin da subito che gli E.vil N.ever D.ies, assieme a band quali Game Over, Ultra-Violence, Nuclear Aggressor (…e altri) sono tra le proposte più prolifiche ed interessanti degli ultimi anni a livello underground italiano.
Il thrash metal degli E.vil N.ever D.ies è da sempre in costante evoluzione affrontando, con un songwriting sempre incentrato sull’aggressività, molte sfaccettature musicali. Nei loro brani trovate da sempre hardcore, thrashcore e speed metal primordiale, il tutto miscelato con brillante coerenza per un risultato arcigno e compatto. Ma la cosa interessante è che, album dopo album, qualcosa cambia. Il loro modo di esprimersi propone una costante evoluzione.
I primi capitoli discografici lasciavano trapelare quella sana ignoranza endemica e magnetica in grado di garntire tanto coinvolgimento ed impatto, un po’ sulla scia delle sensazioni che si provano ascoltando del marcio teutonic thrash metal. Ma già con “Sulphur Paintings” qualcosa è cambiato. Il minidisco suonava molto groovy, più dei precedenti, con esplosioni tipiche del post-thrash anni Novanta. Tutto ciò senza scendere a compromessi con la vena thrashcore di grande portata, trademark del loro imprinting. Bene, “Ekpyrosis” è un ulteriore passo in avanti.
Il nuovo capitolo dell’act campano è una mazzata nei denti, per dirla in poche parole. Artisticamente si allinea a quanto di recente da loro composto, ma va a ripescare dal passato il flavour più ruvido ed aggressivo che la band abbia mai realizzato in studio. Senza voler etichettare il lavoro di un gruppo, né con lo scopo di dar vita a paragoni inappropriati, ma con il solo scopo di fornire un’idea di massima, potete cogliere dietro le trame compositive di “Ekpyrosis” un po’ di quei Sepultura moderni, quelli dell’era Green per intendersi.
Un sound potente che sa di nuovo quindi, ma che non perde di qualità e significato storico. Il lotto di pezzi è cantato con notevole aggressività (anche se un maggior ‘elasticità’ nella ricerca delle melodie vocali di Domenico Costagliola avrebbe maggiormente impreziosito il risultato) Il songriting è importante e si erge a portavoce dei sette brani qui presenti. Brani composti pescando da un’ampia gamma di riff caratteristici che li rendono personali ed esclusivi, ‘No Cure for War‘ su tutti.
Le ritmiche sono a tratti ossessive, a tratti impregnate di groove fino all’osso. Un disco che marcia con andatura ferma e con incedere minaccioso.
Non mancano sezioni soliste di pregio, né si riscontrano soluzioni riempitive o ridondanti. Questo ‘modus componendi’ permette a “Ekpyrosis” si suonare fresco e competitivo, di attestarsi a certificazione di un thrash metal che nel Belpaese ha ancora qualcosa da dire, in grado di auto-rigenerarsi grazie alla capacità tecnica di musicisti con idee ed abilità… e, aspetto da non sottovalutare, con molta attitudine!
I suoni sono (finalmente) finalizzati alla ricerca del feeling ricercato da chi ama il thrash metal,quello vero. Gli E.vil N.ever D.ies sono riusciti davvero a non dannarsi troppo l’anima alla ricerca di missaggi patinati (e patetici). L’obiettivo è stato centrato: “Ekpyrosis” ha un suono vero!
Bella la copertina che, con quel rosso rosaceo in sottofondo, ben rappresenta il grande incendio, la fine del mondo e la la decadenza d’ogni ciclo evolutivo in attesa della rigenerazione del tutto. Beh, non ci azzarderemo a paragonare la rinascita del thrash metal in ciò che qui gli E.vil N.ever D.ies propongono, ma di certo non è sbagliato affermare che qualcosa di nuovo qui si respira. Ci auguriamo che lo sia anche a mò di ispirazione per il movimento stesso. Che sia un nuovo inizio dopo l’accozzaglia di porcherie che i grandi del genere ci hanno propinato in questi ultimi anni? La speranza resta, ancora una volta, nell’underground.
E quindi, avanti così!

Nicola Furlan

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