Recensione: El angel caido

Di Beppe Diana - 21 Aprile 2002 - 0:00
El angel caido
Band: Avalanch
Etichetta:
Genere:
Anno: 2001
Nazione:
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80

Finalmente!!! E si, finalmente gran parte delle migliori band spagnole sono distribuite anche qui in Italia, e questo grazie al duro lavoro della Frontiers che, dopo aver immesso sul nostro mercato i dischi della Locomotive music, tenta il colpaccio con il catalogo della Avispa, giovane etichetta iberica che, oltre a valorizzare bands più longeve come Medina Azahara, Muro e Baron Rojo, mira alla scoperta di giovani talenti ispanici su cui puntare per il fututro, e una di quelle band su cui i nostri riversano molte delle proprie speranze sono senz’altro i madrileni Avalanch. Lanciati verso il successo internazionale dalla nostrana Underground Symphony con il doppio “Eternal Flame/ La llama eterna”, gli Avalanch hanno dimostrato disco dopo disco di aver raggiunto una maturità compositiva veramente ragguardevole, e se in passato la band si ispirava fortemente a modelli del calibro di Rainbow e Rising Force, adesso posso tranquillamente asserire che i nostri hanno trovato la loro giusta dimensione facendosi artefici di un personalissimo melodic power metal dai risvolti lievemente sinfonico/progressive. Corredato da una stupenda veste grafica ad opera dell’onnipresente Luis Royo, prodotto magistralmente dallo stesso chitarrista della band Alberto Rionda, tra l’altro autore di testi e musiche, e missato ai “Metropoli’s studio” di Londra, il nuovo “El angel caido” ha un solo difetto, se di difetto si vuol parlare, quello di essere cantato totalmente in spagnolo, una scelta veramente coraggiosa visti i passati “esterofili” della band, motivo per cui la maggior parte dei metallari “oltranzisti”, ovvero tutti quelli che non riescono a digerire il binomio heavy metal/lingua madre, potrebbe rappresentare un ostacolo insormontabile, ma sono altresì sicuro che se la maggior parte di questi saranno capaci d’abbattere tutti i tabù e i pregiudizi radicati in anni ed anni di ascolti metallici, non solo si troveranno davanti ad un’ottima band, ma potranno gustarsi uno dei dischi più genuini ed accattivanti degli ultimi tempi. Senz’alcun dubbio gli Avalanch hanno compiuto un deciso salto di qualità rispetto ad un recente passato, riuscendo stavolta ad abbinare con naturalezza l’impatto sonoro derivato da un certo classic/power metal europeo con l’estrema ricercatezza degli arrangiamenti tipica del metal sinfonico, in molti frangenti la presenza delle tastiere si fa maggiormente preponderante, anche se le chitarre gemelle della coppia Garcia/Rionda rappresenta l’asse portante delle quindici composizioni ivi contenute, e se aggiungiamo uno straordinario lavoro ai cori che donano ai brani quel potere suggestivo ed evocativo, il gioco è bello che fatto. E a questo punto poco importa se la prova offerta dal vocalist Victor Garcia, fratello del chitarrista, non è impeccabile, dato che la sua voce si integra in modo perfetto con il quadro sonoro prodotto dalla band nel suo complesso, dunque un album che non si basa sulle prestazioni dei singoli, ma bensì sul lavoro di squadra, e qui stà la forza degli Avalanch, e che fa di “El anel caido” un prodotto molto valido. Dovendo scegliere il brano più rappresentativo punterei tutto sulla stupenda “Las ruinas del Eden”, una meravigliosa suite divisa in tre parti per quasi dieci minuti di musica sublime fra echi di Angra e Symphony X, stacchi improvvisi, melodie epicheggianti e passaggi marcatamente sinfonici, grande l’apporto offerto dall’ospite Leo Cabal (Saratoga) che con la sua straordiaria voce imprezziosisce il secondo atto dell’opera mastodontica. Una band perfetta nelle sue geometrie musicale come nella spiccata personalità dei singoli elementi che si prodigano in irresietibili mid tempo dello spessore di “Terra nadie” o “Corazon Negro” che vi toglieranno il fiato con la loro carica a dir poco dirompente, mentre il phatos espresso nella title track ha qualcosa di veramente magico. Stupenda “Levande y anda” che ha una partenza soffusa per poi esplodere nella sua fragorosa potenza metallica già al primo bridge, così come “Alma en pena” dal vago sapore symphonic/thrash metal. Sono completamente entusiasta dall’ascolto di un’opera magna di questa portata, ragazzi cosa vi perderete se andando dietro alla vostra ottusità, la musica è soprattutto emozione e cos’importa se la lingua che si usa da tramite e l’inglese, lo spagnolo o l’italiano, lasciatevi andare suvvia…..

Beppe “HM” Diana

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Band: Avalanch
Genere:
Anno: 2001
80