Recensione: El Cuarto Jinete

Di Stefano Ricetti - 3 Settembre 2013 - 8:50
El Cuarto Jinete
Band: Muro
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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72

I miracoli nel mondo del Metallo accadono per davvero: i Grandi di Spagna Muro, dopo più di un decennio di silenzio, ritornano in pompa magna nientepopodimeno che con la classic line-up, ossia Sua Maestà Silver – vero nome Silverio Solórzano – alla voce, José Manuel NavarroLargo” (chitarra), Julio RicoJulito” (basso) e Juan Ramón RuizLapi” (batteria).    

Attivi dal 1981, dati per morti dopo l’ultimo album in studio Corazón de Metal del 2001 e ancor di più  successivamente a quella che pareva essere la celebrazione ufficiale dell’epitaffio vero e proprio tramite il live Este Muro No Se Cae, registrato presso Sala Caracol (Madrid) il 24 e il 15 gennaio del 2003, i Nostri irrompono a sorpresa sul mercato con un nuovissimo lavoro, intitolato El Cuarto Jinete, registrato presso i New Life Studios della capitale e missato nei celebri Finnvox Studios di Helsinki. Questo per quanto concerne la situazione album: diverso il discorso dal vivo, che ha comunque visto di tanto in tanto i Muro protagonisti sulle assi di palchi significativi nell’ultimo decennio.      

Dalla bella copertina – realizzata da Felipe Machado (già all’opera, in passato, con Iced Earth, Rage e Blind Guardian, fra gli altri) e dall’intro si può chiaramente entender che Il Quarto Cavaliere possiede le caratteristiche per ritagliare una nuova via artistica al combo vallecano, ricalcando antichi pruriti risalenti agli esordi. Sensazione prontamente bissata dalla title track, che punta l’indice verso l’Epic Metal  – senza esagerare, però – da parte del Muro ispanico più famoso del globo, a dettare le cifre dell’impianto-canzone di El Cuarto Jinete. In pieno trip Ozzy dei tempi d’oro post Black Sabbath anni Ottanta si apre Otra Batalla, pezzo massiccio ma solo per metà. Gran titolo il successivo brano (Maldito Bastardo),  dal quale ci si potrebbero attendere faville ma la delusione è dietro l’angolo: solo alcuni lapilli arrivano senza deviazioni al cuore (ops, corazon). Cari Muro: la Vostra motorizzazione marchiata Accept fatela funzionare al 100% e non solo al 50%, su, dai!

Sobrevivir risveglia un po’ di gusto spagnolo per l’Acciaio melodico andando a piazzare il primo vero diretto al volto di El Quarto Jinete. Finalmente una bella mazzata a la Muro con El Ojo del Huracán; nomen omen, per fortuna, a dimostrare che Silver y  amigos non si sono dimenticati di come si fa a mazzuolare a destra e manca. L’headbanging ringrazia.

Epica semplice e diretta per i madrileni in La Voz, dedicata a Ronnie James Dio, fedele servitrice del verbo Manowar facente capo al periodo Louder than Hell. Nulla di più e nulla di meno. Da Hermanos de Sangre ci si potrebbe attendere cori gregoriani, clangore di spade e mutandoni di pecora a profusione… mentre i Muro si “limitano” a scimmiottare i tempi quadrati della Nwobhm infarcendoli di un coro degno del loro nome e della loro gloriosa storia. 

Altro titolo impegnativo in Honorable, traccia ove i vallecani pestano come sanno fare senza però far fuoriuscire quella cattiveria assassina che sapevano profondere in passato. Grande pezzo, comunque! Buon duello di asce a la Judas Priest all’inizio di in Muero por Ti,  per poi ripiegare sulle metriche della normalità siderurgica. 

Mood Accept in Fratricidio anche se l’enfasi metallica dei tedeschi resta lontana anni luce, va dato atto però ai cinque metaller di Madrid di risollevare le sorti del brano riscoprendo i grandi giri di basso che fecero la fortuna delle prime band thrash made in Usa, Overkill su tutti. Coro e controcoro, per finire, intrigante. 

Sorprendente, in chiusura, la riuscita e adrenalinica cover di Kill the King dei Rainbow, ove El Señor de Acero Silver si supera per tentare di avvicinarsi il più possibile al monumentale Ronnie.

Il disco si accompagna a un booklet di sedici pagine completo di tutti i testi in lingua iberica, una bella foto centrale dei quattro Muro – tutti con cartucciera alla vita – e intriganti disegni/foto a tema gotico-cimiteriale. Il dischetto ottico, poi, sul dorso, presenta una stuzzicante configurazione vinilica in rilievo.   

 

Tirando le somme El Cuarto Jinete convince solo a metà; dopo un reiterato ascolto permane quel retrogusto di insoddisfazione tipico delle occasioni perse, nonostante vada rimarcato che per una volta gli spagnoli riescono ad ottenere dei suoni degni, ma manca la magia nel songwriting. Personalmente preferisco cento volte di più i Muro martellanti, diretti, violenti, possenti, fragorosi e implacabili, in una sola definizione “belli ignoranti” – sia ben chiaro, in senso ultra-mega-maxi- positivo – che non questi neoeroici. Dopo dodici anni dall’ultimo disco era lecito aspettarsi qualcosa di più.    

Al di là di questo album Onore a dei pilastri di Spagna come Loro, uomini dall’attitudine invidiabile, che rimangono comunque dei GRANDISSIMI per piglio e mentalità.

Este Muro no se cae… para siempre!

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

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