Recensione: Elegies

Di Mattia Di Lorenzo - 29 Marzo 2007 - 0:00
Elegies
Band: Machine Men
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
62

Sarò breve in questa recensione, per permettere a chi ancora non conosce i Machine Men di sapere qualcosa di immediato e preciso sul loro conto.
L’adesivo apposto sulla copertina di Elegies li definisce come “nuova sensazione Iron Maiden dalla Finlandia”… Posto che è abbastanza triste che un gruppo tragga la sua ragione di esistere in funzione di un altro, i Machine Men sono solo questo? Il giovanissimo gruppo finnico suona un heavy metal molto melodico, con qualche spruzzatina qua e là di power: il cantato di Antony, singer con voce splendidamente impostata, alta e limpida, è effettivamente molto influenzato da Bruce Dickinson; e la traccia finale, cover del solo project di Bruce del ’97, non lascia adito a dubbi circa la dipendenza dai maestri inglesi. Però, è il caso di sottolinearlo apertamente, non siamo assolutamente di fronte a un gruppo-plagio: perché, a differenza di altri gruppi, magari anche più talentuosi, i Machine Men hanno un loro caratteristico sound, che mescola sì parecchi elementi, attinti da varie fonti (non esclusa la tradizione power nordica, con Stratovarius e Sonata Arctica in primis), ma riesce anche a mantenere una certa peculiarità. Questo è un forte punto a loro favore, che fa gridare quasi al nuovo “fenomeno”; grazie soprattutto alla bravura del loro leader, i Machine Men, potenzialmente, potrebbero diventare in futuro un gruppo davvero degno di nota. Detto questo, però, in questo secondo lavoro, sembrano adagiarsi un po’ sugli allori, e non sfruttare appieno il loro talento.
Il nuovo contratto con la Century Media, che permette una produzione perfetta e una distribuzione capillare, e il loro primo tour europeo di una certa ampiezza, li favorirebbero non poco. Ma, dopo alcune canzoni davvero degne di nota, l’album tende a ripetere il cliché che il gruppo si autoimpone. E la qualità scema, rasentando la mediocrità. Da sottolineare come tratto distintivo del gruppo il binomio potenza/melodia, che però rimane in ambito, ripeto, tendenzialmente heavy. Le chitarre sfoggiano riff aggressivi e incalzanti dall’inizio alla fine, sebbene non siano particolarmente tecniche o creative nelle sezioni di solo.

Le canzoni: “Falling” è, secondo me, la migliore del gruppo. Particolarmente facile e melodica, non rischia di diventare stucchevole. Quando li vidi a Milano, di spalla ai Sonata Arctica, fu l’ultima canzone che suonarono, e l’unica che al momento mi colpì davvero. “Dream & Religion” è più radiofonica. L’innesto dei cori è particolarmente azzeccato, il refrain molto avvincente. Da segnalare anche il solo, eseguito dall’ospite Zachary Hietala, uno dei pochi che si impongano all’attenzione nell’assoluta “scolasticità” generale delle sezioni solistiche. “Apathy” scorre su ritmi più lenti, per poi aprirsi in un granitico mid-tempo, anche questo assolutamente riuscito. “Back from the days” e “The traitor” iniziano la parabola discendente dell’album. Appaiono canzoni stanche, buttate giù in fretta e senza attenzione. “October” risveglia un po’ l’attenzione. È una ballad di medio livello, che però non aiuta ad aumentare di molto il giudizio finale. “Daytime Theatre” è invece, purtroppo per loro, quasi ridicola, proponendo elementi melodici praticamente identici ad alcune canzoni precedenti – opener su tutte. È curioso che proprio su questa i Machine Men abbiano investito particolarmente, grazie alla presenza di un terzo chitarrista, e di due cantanti per i “cori thrash metal”. “Doors of Resurrection”, poi, inizia talmente simile alla precedente, che è spontaneo guardare il lettore cd per vedere se davvero sia cambiata canzone… Anche questa, censurabile. Il violoncello liberatore di “From Sunrise to Sunset” ci fa presagire, finalmente, qualcosa di nuovo. Si apre così la ballad finale, che è veramente molto bella, sebbene paghi dazio agli Stratovarius.

In complesso, “Elegies” è un album riuscito solo a metà, con pochi titoli veramente memorabili. Non gli manca, certo, unità stilistica. Si può ipotizzare che i Machine Men abbiano puntato proprio su questa, per ritagliarsi un posto preciso nel cuore dell’utenza, che si allarga con questo titolo dalla ristretta scena finlandese all’intero mercato metal. Per il momento rimangono potenzialità parzialmente sprecate. Il gruppo resta ancora nel calderone.

Tracklist:
1. Falling
2. Dream & Religion
3. Apathy
4. Back from the days
5. The Traitor
6. October
7. Daytime Theatre
8. Doors of resurrection
9. From Sunrise to Sunset
10. Freak (Cover Bruce Dickinson)

Ultimi album di Machine Men

Band: Machine Men
Genere:
Anno: 2005
62
Band: Machine Men
Genere:
Anno: 2007
70
Band: Machine Men
Genere:
Anno: 2004
64