Recensione: Elenion Ancalima

Di Tiziano Marasco - 1 Giugno 2017 - 12:56
Elenion Ancalima
Band: Emyn Muil
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2017
Nazione:
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85

LA STORIA

Disclaimer: se siete dei Tolkeniani incalliti, probabilmente saprete già quanto si scrive in questa sede. Se non lo siete, potreste annoiarvi a morte, ma poi capirete il progetto in questione in modo assai più profondo. E dunque…

Aiya Eärendil Elenion Ancalima!

Dall’antico elfico, questa frase significa “Ti saluto, o Eärendil, la più luminosa delle stelle!”. Questo ci permette di scoprire che “Elenion Ancalima”, il nuovo album di Emyn Muil, si intitola “la più luminosa delle stelle”.

Ma Eärendil, chi era?

Voi, tolkeniani incalliti, molto probabilmente ricordate tale nome dal “Signore degli Anelli” (SdA), poiché la “luce di Eärendil” (la nostra stella più amata) è uno dei doni che Galadriel lascia alla compagnia dell’anello (o meglio, a Frodo) al momento in cui lasciano Lothlórien.

Eärendil era un uomo, vissuto nella prima età (il SdA si svolge alla fine della terza) e le sue gesta ci sono narrate nell’ultimo capitolo di un altro libro di Tolkien. Ovviamente, il Silmarillion. In realtà le sue gesta ci interessano in modo relativo, in quanto esse sono alla base del concept su cui si struttura l’album di cui oggi. Eärendil infatti in quest’album non compare. Tuttavia, fu il primo uomo ad attraversare l’oceano, portando agli dei (Valar) uno dei tre Silmarillion e avvisandoli dei pericoli della Terra di mezzo. I Valar presero le armi e andarono a combattere le forze del male guidate da Morgoth e Sauron, nella battaglia che conclude la prima età (e apre “Nightfall in the Middle Earth” dei Blind Guardian, ma questa è un’altra storia).

Ora, alla fine Eärendil fu “trasformato” in stella color argento. Ma era pure sposato con un’elfa ed aveva due figli, a cui fu concesso di scegliere se essere uomini o elfi. Uno era Elrond, e sappiamo cos’ha scelto, l’altro era Elros, e facendo 2+2 sappiamo già che quest’ultimo ha scelto la morte. Per Elros e la sua stirpe, molto più fighi degli uomini normali, gli dei crearono un’isola tutta nuova isola in mezzo al mare, Númenor, che appunto nacque “Under a Silvered Star”. E qui si comincia.

LA MUSICA

Perché Equesto album narra infatti l’appendice del Silmarillion, la caduta di Númenor (Akallabêth nella loro lingua e Atalantë in elfico, così, tanto per capire a cosa si è ispirato Tolkien per questo racconto). Resta ora da vedere come il “labirinto impossibile di rocce affilate come lame” (come Gimli definisce l’Emyn Muil nel SdA) gestisce la tematica.

L’Emyn Muil, va detto, aveva causato diverse alzate di sopracciglio con il suo debutto di 3 anni or sono “Túrin Turambar Dagnir Glaurunga”. Un disco molto acerbo, ma pure vivo e sincero, che non nascondeva la sua principale influenza – i Summoning – ma pure dava vita ad un album di atmospheric black metal piuttosto vario, anche se non emergeva in modo particolare in un panorama popolato di Elderwind, Eldamar e via dicendo.

Ecco, senza girarci di troppo attorno, qui l’emersione c’è eccome, ed è simile a quella con cui i Valar fecero emergere Númenor dall’oceano. Ma andremo per gradi, tornando a “Under a Silvered Star”, il breve pezzo che apre “Elenion Ancalima”. Un pezzo fatto di orchestrazioni ariose e percussioni folk, un pezzo che non sfigurerebbe nel repertorio dei Wardruna e apre meravigliosamente la strada a “The Lay of Numenorë”. Un’autentica cavalcata che narra gli ultimi giorni dell’isola e la fuga dei pochi ribelli, guidati da Isildur, verso la terra di mezzo. Anch’essa denotata da orchestrazioni cinematografiche e chitarre dichiaratamente black. Tre soli temi portanti, in contrasto tra loro melodie semplici che si compenetrano a meraviglia e costruiscono un climax appena percettibile, ma pure inesorabile, sostenuto da atmosfere che riprendono i Summoning e vanno oltre.

Segue il pezzo in cui l’ultimo re di Númenor, Ar Phârazon, diventato nel frattempo succube di Sauron, decide di far vela verso ovest per muovere guerra ai Valar. Un pezzo ovviamente denotato da un incedere marziale, ancora a climax. Alle trombe guerresche, un po’ “Stronghold” e un po’ “Echoes of Battle” (Caladan Brood) fanno da contraltare riff lamellari e lancinanti, su cui si innestano cori ancora una volta grandiosi. Lo stesso discorso può essere fatto per “Far Umbar” dove si narrano i piani di Sauron, ormai ritornato da dove era venuto (appunto la baia di Umbar) dopo la distruzione di Númenor.

E niente, ancora grandi atmosfere e riff semplici, unite alla consapevolezza (dopo diversi ascolti) che molti temi (l’esuberanza delle orchestrazioni impedisce di fermarsi alla parola “riff”) si somigliano, si rincorrono e si ripresentano, dando ad “Elenion Ancalima” lo status di concept non solo a livello di argomento, ma anche di composizione dell’album. Chiude infine la title track, che potremmo definire, a un primo ascolto e in modo riduttivo, “una burzumata”. Si perché, fermo restando che il brano è composto di un unico tema d’archi con voce femminile (niente chitarrazze a zanzara né blast beat), melancolico e funereo, ripetuto per otto minuti netti, ancora una volta ci troviamo davanti una immane ricchezza di suoni e sfumature. Sostenuta, e questo va detto, da una produzione raffinatissima e non troppo pomposa (alla Wardruna viene da dire ancora una volta), non comune nel black classico come in quello atmosferico, ma pure di ottimo effetto.

Torniamo ora al discorso dell’emersione: “Elenion Ancalima” segna una decisa, immane e decisiva maturazione di un progetto che, con soli due album, è riuscito a salire agli onori di critica e pubblico (almeno per quanto concerne il ristretto pubblico di estimatori del black atmosferico). Un progetto che ci regala un album di una compattezza sconvolgente, tanto nella costruzione quanto nelle sensazioni. Un album che prende a piene mani dalle band citate in questa recensione eppure riesce a trovare un suo spazio, equidistante da tutte, e riesce a rivelarsi unico e inconfondibile. Aggiungiamo a ciò un artwork oniricamente favoloso che meglio non potrebbe sposarsi ai 41 minuti di musica che ci si trova ad ascoltare. Cosa potremmo volere di più? Che musica simile venisse fatta in Italia? E invece no, abbiamo anche quello. Perché Emyn Muil, al secolo Saverio Giove, è italiano. E dunque…

Aiya Eärendil Elenion Ancalima! 

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