Recensione: Empty Sphere Requiem

Di Daniele D'Adamo - 23 Novembre 2014 - 0:44
Empty Sphere Requiem
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2014
Nazione:
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78

Sono ormai alcuni anni che l’Italia si sta rivelando una delle terre più feconde per il death metal che, in tutte le sue derivazioni, sta assurgendo a livello del ‘Resto del Mondo’. Forse la superiore predominanza polacca, statunitense e scandinava è al momento ancora inattaccabile, ma la seconda linea rappresentata da Paesi quali Francia, Canada, Australia e Olanda può considerarsi raggiunta.

Merito di band dal valore assoluto inconfutabile, che attraversano in lungo e in largo technical, brutal, old school e symphonic; compreso il grind e le derivazioni *-core. Senza lasciar fuori la grande famiglia del melodic, ovviamente discendente diretto del leggendario gothenburg metal.     

In quest’ultima fattispecie stilistica rientrano i reggini Memories Of A Lost Soul, formazione dalla storia lunga e articolata. Nati difatti nel 1995, i Nostri hanno passato parecchio tempo sia a mettere a posto definitivamente la line-up, sia a disegnare (altrettanto definitivamente?) il proprio marchio di fabbrica. Partito con entrambi i piedi nel black metal, il mastermind Buzz ha via via modificato l’approccio musicale, passando al death metal melodico peraltro arricchendolo con l’inserimento di tastiere, voci femminili e sempre più ampie aperture melodiche.

Un percorso indicato, anche, dalla sequenza discografica: “Son Of My Satanic Creation”, demo, 1997; “The Clockwork”, full-length, 1998; “Distorted Perceptionz”, full-length, 2003; “7 Steps To Nothingness”, full-length, 2004; “Empty Sphere Requiem”, full-length, 2014. Quest’ultimo giunto dopo ben dieci anni di silenzio dal precedente non appena trovata una label dalla necessaria professionalità (Crash Music) nonché inseriti Sergio “Id-One” Idone al basso e Sergio “Adler” Tommasini alle tastiere, ritenuti dalla band i membri ideali per far compiere alla band stessa il salto di qualità finale.   

Salto di qualità innegabilmente percepibile sin da subito nell’opener, soprattutto nel songwriting, avvolto dalle ariose trame delle tastiere, stretto nella perfetta sinergia fra il secco growling di Buzz e le clean vocals di P3’Drumz. Un apparente elemento antitetico che si ripete più in generale nell’accostamento di splendide e morbide armonizzazioni al death metal maggiormente violento, che a volte si spinge oltre la frontiera dei blast-beats trascinato dall’isterico screaming del vocalist.

Un’alternanza di colori, sapori, odori ed emozioni facilitata dalla lunghezza media delle song, paragonabili per questo a delle semisuite; idonee per consentire ai cinque musicisti calabresi di esplorare con la dovuta minuziosità i misteriosi territori della creatività. Aiutandosi peraltro con la voce femminile di Nefer, molto brava a miscelare il suo tono a quello di Buzz sì da dar luogo, ancora una volta, a un punto fermo caratterizzato dalla vicinanza di poli opposti.

La maturità dei Memories Of A Lost Soul è una peculiarità che timbra “Empty Sphere Requiem” regalandogli uno status di ‘adulto’ sia nella personalità esecutiva, sia nell’elaborazioni delle canzoni; ricche di pathos, spesso malinconiche. Come schegge di tristezza (“The Ice’s Melting”) che penetrano a fondo, sino al cuore. Riuscendo in tal modo a incollare in un diedro regolare le tante sfaccettature della propria musica: melodici ritornelli a due voci, furibonde accelerazioni, rarefatti rallentamenti, dissonanze, sprazzi sinfonici. Senza che, circostanza fondamentale, si perda mai la via Maestra.

E ciò è merito della bravura di Buzz e dei suoi compagni d’avventura. Anche su questo, nessun dubbio.  

Daniele “dani66” D’Adamo

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