Recensione: End Gates

Di Daniele D'Adamo - 13 Aprile 2014 - 23:10
End Gates
Band: Alldead
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2014
Nazione:
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76

 

Giusto il tempo di mettersi assieme, affinare la coesione di gruppo e capire quale sia la strada migliore da intraprendere, ed ecco il primo full-length. Una storia piuttosto semplice e breve, quella dei pugliesi Alldead, nati come tali nel 2011 anche se attivi già due anni prima in qualità di cover-band di heavy metal.

“End Gates” rappresenta il loro debutto discografico, autoprodotto come da classica trafila underground, ma sorprendentemente adulto e maturo, come se il tempo da loro stessi messo alle spalle sia stato molto di più di questi pochi anni. Evidentemente, il periodo di rodaggio passato a macinare i classici del metallo pesante non è trascorso invano e anzi ha contribuito in maniera determinante a formarne il carattere.

Un carattere multiforme, che fonda inevitabilmente le sue radici nell’heavy metal ma che ha subìto una violenta evoluzione verso il black (“Ballad Of The Dead”) e il death, miscelandoli continuamente in dosi mai uguali. Amalgamandoli così in modo da creare qualcosa di riconducibile il più facilmente possibile allo stile del quintetto. Un approccio bifronte, che da un lato li ha aiutati a tentare la costruzione di un sound meno attaccato possibile a cliché triti e ritriti ma che, dall’altro, ha reso un po’ discontinuo il passaggio fra una song e l’altra. I passaggi black/death di cui è pieno “End Gates” possono disorientare l’ascoltatore meno esperto, incline a digerire con più facilità modelli uniformi. Ecco che, di seguito, l’aver insistito a non limitarsi entro confini di territori ben conosciuti può diventare addirittura un pregio. E questo poiché in effetti c’è un fattore che non muta mai con il trascorrere dei minuti: il flavour heavy metal che avvolge il demo nella sua totalità. Il fatto si può facilmente evincere dall’approccio del basso alla questione, ricalcante le rutilanti interpretazioni dei più grandi interpreti dello strumento in ambito classico (“Black Light Of Death”). Ma, anche, da certe aperture melodiche delle chitarre, peraltro segnate da soli di gran gusto e armoniosità (“Scent Of Blood”). Proprio la citata “Black Light Of Death” mostra la molteplicità di soluzioni stilistiche utilizzate dai Nostri, giacché quasi si allineano uno dopo l’altro, in sequenza, i segmenti black, quelli death e, pure – seppur meno invasivi – brevi momenti thrash.  

Alla fine, però, c’è lo screaming roco e disperato del bravo Antonio Guerra a discriminare per bene gli ingredienti fondamentali di “End Gates”; screaming che, per ciò, rifinisce il CD stesso di nero, indirizzandolo definitivamente fra le braccia del black metal, seppur meno estremo come per esempio il raw o, peggio ancora, il nihilistic. In ogni caso si tratta sempre di classificazioni dettate in buona parte dalle sensazioni personali, per cui alla fine occorre far emergere l’anima di una proposta che si pone come obiettivo primigenio quello creare un tipo di musica facilmente rimandabile a chi la suona. Sotto quest’aspetto gli Alldead, allora, centrano l’obiettivo grazie al non aver dimenticato le lezioni impartire dai Maestri dell’heavy metal, di averne conservato spirito melodico (“A Jump In The Absolute”) e anima da combattente come si evince dai blast-beats della suite finale “Something Dark Grows”.
 
“End Gates” si mostra pertanto come un demo d’esordio di tutto rispetto, nel quale si vede chiaramente un gruppo dotato di tutte le qualità tecnico/artistiche per emergere dalla mota del profondo underground. Resta da definire con maggior determinazione e linearità un sound a tratti non troppo consistente.

Poco altro: gli Alldead possono solo cambiare. E in meglio.

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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