Recensione: Endless Pain

Di Nicola Furlan - 11 Gennaio 2012 - 0:00
Endless Pain
Band: Kreator
Etichetta:
Genere:
Anno: 1985
Nazione:
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90

Se a metà anni ottanta qualcuno vi avesse chiesto di indicare la terra nella quale viveva l’unica aggressiva creatura che affrontava, a denti digrignanti e con bava alla bocca, il possente gigante del thrash bay area d’oltreoceano che avanzava verso il mondo, di certo avreste dovuto puntare il dito al portale che dava accesso ai territori dell’infernale scena tedesca. Là dietro, al seguito, ad attendervi ci sarebbero stati certamente i seguenti degni rappresentanti (e chissà quanti altri che, purtroppo, non conosceremo mai…):

Living Death – “Vengeance of Hell” (1984)
Kreator – “Endless Pain” (1985)
Destruction – “Infernal Overkill” (1985)
Exumer – “Possessed by Fire” (1986)
Sodom – “Obsessed by Cruelty” (1986)
Tankard “Zombie Attack” (1986)

E se poi, non ancora contenti della cosa, vi avessero chiesto se quelli fossero gli unici degni competitori di questa guerra fredda, allora avreste potuto rispondere, senza poi apparir troppo saccenti, che band del calibro di Risk, Minotaur, Mekong Delta, Iron Angel facevano la loro porca figura, magari arrivando con po’ di ritardo sul mercato o peccando di qualità tecnico-compositiva.
Perché questa introduzione? È presto detto. I Kreator sono gli autori di uno di quei manifesti, ovvero “Endless Pain”. Il disco rappresenta il thrash metal teutonico in una delle sue espressioni più essenziali. E non solo: “Endless Pain” può essere considerato, a tutti gli effetti, uno dei progenitori del genere, uno di quei dischi in grado di dare l’imprinting ad un intero movimento che da quel momento prese vita. Un movimento di giovani leve spinto dall’esigenza di esprimere rabbia e cattiveria verso il mondo. Una rabbia non troppo concentrata sui problemi sociali, così come accadeva nella bay-area piuttosto che sulla East-Coast dei vari Anthrax o Nuclear Assault, bensì affascinata dal male (all’acqua di rose) che già da qualche anno scuoteva i puristi britannici. Certo perché, mentre in America le thrash metal band coglievano parrecchio spunto evolutivo dalla melodia di ciò che ascoltavano, o più in generale dall’aspetto friubile dello speed metal, in Europa, una delle band che più ha trasmesso il messaggio per l’idea di ‘estremo’ erano i Venom di “Welcome to Hell” e “Black Metal”, full-length usciti rispettivamente nel 1981 e 1982. Poco importava se pure quest’ultimi venivano partoriti direttamente dai territori di una NWOBHM in pieno splendore, l’importante è che fossero assai anomali rispetto a quanto veniva prodotto in Inghilterra, nell’ambiente dei vari Iron Maiden, Saxon, Raven, Judas Priest e compagnia bella ovvero sufficientemente dissacranti da sciogliere quelle fragili riserve di menti nate per suonare musica estrema.
A Mille Petrozza e compagni è bastato poi un bell’ambiente dismesso e grigio in qualche periferia dei complessi urbani tedeschi per dar vita a un percorso compositivo nuovo. Nacque così il cosiddetto ‘teutonic thrash metal’ di cui i Kreator sono, assieme ai già citati (e agli ignoti…), i principali esponenti.
“Endless Pain” è proprio pulsante di questo thrash metal che pesca a piene mani dal male fatto musica: grezzo, urlato con empietà ed irreligiosità, data la costante tematica lirica incentrata sulla guerra e sulla morte violenta. L’aspetto compositivo invece riprende pure le accelerazioni classiche del metal europeo e scandisce, a tratti, un qualcosa di ‘epico’, di orgoglioso (anche la copertina incarna questa attitudine). E dove c’è da schiacciare il pedale, il terzetto di Essen cerca di stringere i tempi ancora di più, sempre di più, pestando sempre più forte a livello di dinamica.
I soli, sempre taglienti, non sono certo opera di illustri maestri delle sei corde, ma emergono dall’ossidata sezione ritmica in maniera efficace: sono fulminei, sono repentini, sono penetranti. Il basso è sempre là a puntellare l’operato della batteria.
La produzione, esile per consistenza di suoni e misera per accorgimenti, è quanto di meglio potesse desiderare questo ‘sound’ per esprimersi in tutta la sua personalità al limite dell’immaturo. Una personalità, quindi, ben poco elegante e per questo apprezzata da chi sentiva in sé un carattere bellicoso e irriverente.

Questo era quello che l’orecchio di quei giovani ascoltatori, quel popolo del metallo ‘estremo’ voleva sentire! Il bello è che nessuna di queste band l’aveva pianificato. Ci piace ipotizzare (e forse non sbagliamo di molto!) che i Kreator realizzassero che suonando così non sarebbero arrivati da nessuna parte e forse la cosa nemmeno interessava perché l’importante era, ne siamo certi, arrivare al cuore battagliero di quei balordi là sotto che si massacravano di spallate nel pogo. La storia dirà che queste straordinarie band stavano facendo qualcosa di grande, a livello di chi al tempo le vessava indicandole come autrici di musica di basso livello. Ma questo è un altro campo di battaglia… Tutto è nato con purezza, anzi, con torbida purezza… e quanto era affascinante questa insolenza! 

Nicola Furlan

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Tracce:
01. Endless Pain – 03:32     
02. Total Death – 03:28
03. Storm of the Beast – 05:01       
04. Tormentor – 02:55     
05. Son of Evil – 04:16       
06. Flag of Hate – 04:42       
07. Cry War – 03:45       
08. Bone Breaker – 02:58       
09. Living in Fear – 03:12       
10. Dying Victims – 04:51       

Durata: 39 minuti ca.    

Formazione:
Mille Petrozza: Chitarra, voce
Roberto Fioretti: Basso
Ventor: Batteria, voce

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