Recensione: Enter Eternity

Di Riccardo Angelini - 15 Settembre 2009 - 0:00
Enter Eternity
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
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45

È dura ma è la realtà: il buon vecchio heavy metal, quello schietto e senza compromessi, non tira più, e da un bel pezzo. Che sia a causa dell’orecchio troppo fragile delle nuove generazioni o di una fatale caduta qualitativa nella parabola artistica del genere, i fatti sono che a suonar come si suonava una volta si va poco lontano. Eppure c’è ancora qualcuno che non demorde. Gli Zero Illusions – svedesi nel passaporto, inglesi per vocazione – fanno del loro meglio per portare avanti il vessillo della tradizione. Purtroppo le loro braccia non sembrano abbastanza salde da sostenerne il peso.

Dopo il debut ‘Don’t Think Tomorrow’ registrato con l’epico monicker Pain And Passion, gli scandinavi tentano la fortuna con ‘Enter Eternity’. Alla sua uscita l’album è stato etichettato nei modi più disparati. C’è chi ha tirato in ballo il power metal, chi il progressive. E verrebbe da chiedersi che album abbia sentito chi parla in questo modo. Le radici degli scandinavi sono infatti tanto palesi quanto lineari. Volontariamente reclusi fra Ozzy e NWOBHM, gli Zero Illusions non si scostano da un passo dai binari del heavy classico. Ma la fedeltà alla causa non basta a tenere in piedi un album. Deludono in particolare le chitarre, deficitarie soprattutto in fase ritmica, per nulla agevolate da una produzione a dir poco inadeguata, che nella ricerca di un suono vintage risucchia quel poco di verve che si sarebbe voluta spremere dai riff. Da rivedere anche la prestazione del cantante Björn Asking, dotato di un timbro esile e acuto, particolarmente vicino a quello di Joacim Cans (Hammerfall): di nuovo manca il ruggito, la voglia di graffiare, di lasciar una cicatrice, un graffio, un segnetto nella memoria. Lineare e inoffensiva, la tracklist non sa produrre episodi di rilievo, ma a una perdonabile mancanza di originalità accosta un’imperdonabile deficit di grinta.

Si direbbe se non altro che di illusioni se ne siano fatte poche anche gli svedesi, che non sembrano avere i mezzi per lasciare un segno. L’underground offre ancora numerose realtà capaci di tributare il passato con standard di qualità di tutt’altra levatura – in Italia non mancano gli esempi. Negli Zero Illusion è apprezzabile la devozione per i classici. Ma per ora, solo quella.

Riccardo Angelini

Tracklist:
1. My Belief
2. Don’t Be Afraid
3. Am I Too Old
4. Face Of The Fortune
5. The Way I Live
6. Make This Complete
7. Left Alone
8. Once In My life
9. What Remains
10. Like Yourself
11. The Moment I Fear
 

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