Recensione: Enthrallment Traced

Di Vittorio Sabelli - 5 Giugno 2013 - 14:46
Enthrallment Traced
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Anno: 2012
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78

 

Curiosa la storia dei moscoviti Grace Disgraced, al loro debutto su full-length dopo un sodalizio che va avanti dal 2004, e dal quale gli unici frutti sono il demo “Natural Death” del 2005 e uno split del 2011. In fondo il motivo principale del ‘ritardo’ è da attribuirsi all’instabilità che ha caratterizzato negli anni la band. Un alternarsi di bassisti e batteristi ha fatto sì che non si creassero interessanti presupposti per affrontare un debutto convincente che esprimesse al meglio il discorso portato avanti dalla leader Polina Berezko e dal chitarrista Alexandr Klaptzov, unici sopravvissuti di lunga data.

I due hanno atteso (non invano) anni per completare la line-up, con l’innesto di una ritmica adatta allo scopo, reclutando al basso Andrey “Volosss” Andreev e l’esperienza di Andrew Ischenko dietro le pelli. Una volta assestato l’ingranaggio, il tempo di dedicarsi completamente alla composizione e alle prove, ed ecco che i Nostri entrano in studio per le registrazioni di “Enthrallment Traced”.

Una sorta di ad libitum della batteria e un riffing killer innescano “Prophecy Of Somnambulist” e la voce gutturale di Polina che ci catapulta in universi filosofici, psicotici e sconfinanti, durante tutte le sette tracce. Il testo è ispirato al film muto “Il Gabinetto Del Dottor Caligari” del regista Robert Wiene, anno 1920, il cui tema è il tentativo di distinzione tra una realtà e un’immaginazione che si fondono tra loro. La seguente “Hypocritical Oath” è in perfetto death-style e anticipa tratti prog che s’insinuano durante tutto il disco. Un soffio di vento anticipa i tempi dispari e lo sguardo prog di “To Autumn”, una sorta di omaggio all’ultimo Chuck, seguito da una sezione slam prima e poi da ottimi stacchi che conducono al forcing finale. L’inquietante arpeggio iniziale di basso catapulta “Psycho Cycle” in un ossessivo riff cadenzato, che gira intorno alla paranoica voce di Polina, rischiando di compromettersi con l’ascolto.

Nel momento in cui vorremmo tirarci fuori, finalmente imbocca una strada inattesa che ci lascia tirare il giusto fiato prima di riprendere la corsa. Ancora chitarre e ambienti prog death chiamano “Adzhimushkai” che approda nel regno ipnotico, molto vicino ai primi Black Sabbath. La riffeggiante “Villain” lascia spazio ai controtempi di Ischenko e si sviluppa sulla voce potente di Polina, che introduce una sezione rockeggiante in stile Motorhead, dove ancora la batteria detta le velocità metronomiche su cui metter d’accordo i Nostri.“Orchids Of The Fallen Empire” è la giusta chiusura di un disco impegnativo da un punto di vista testuale, ma altrettanto interessante sotto il profilo musicale, dove il quartetto fa respirare la sua musica.

Tutto gira alla perfezione, qualche piccola critica si potrebbe fare alla produzione, ma così facendo “Enthrallment Traced” perderebbe la sua localizzazione, marchio di fabbrica che in paesi come Russia e Polonia sta portando nel circuito underground centinaia di band decise a portare avanti il loro rabbioso discorso. E i Grace Disgraced con il loro misto di brutal e prog si presentano con un disco coinvolgente e stilisticamente personale.

Vittorio “vs” Sabelli
 

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