Recensione: Equilibrium

Di Simo Narancia - 27 Ottobre 2005 - 0:00
Equilibrium
Band: S.I.N.
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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74

La storia dei S.I.N. (Somewhere Into Nowhere) ha inizio nel 2002, quando il chitarrista Deddy Andler (già con Tempest e Forever) e il cantante Jason Marks (Heaven & Earth, Forever), entrambi alle prese con dubbi amletici riguardo il proprio futuro, si incontrano per dare vita ad nuova avventura musicale. A questi ben presto si uniscono Wofgang Frank alle chitarre e al basso (ruolo, quest’ultimo, attualmente occupato da Ursula Raschke) e Alexander Hlousek alla batteria. Con questa formazione i S.I.N. danno alle stampe, nel 2003, l’omonimo debut album e iniziano a far circolare il nome della band. Così, forti delle buone recensioni avute un po’ ovunque e del discreto successo ottenuto in giappone, tornano in questo 2005 con un nuovo album dal titolo Equilibrium. Le nuove composizioni, così come quelle vecchie, sono volte a quel hard ‘n’ heavy melodico e di classe che tanto successo ebbe un paio di decadi addietro. Non a caso la band stessa cita come riferimento gruppi come Dokken, Ratt, Tyketto o Mister Big, senza tuttavia dimenticare quelle che sono le attuali indicazioni in ambito metal melodico. Eleganti linee vocali, assolo ben studiati, cori curati e usati nella giuista misura, drumming potente e preciso (a tratti con un piede nel power) sono dunque gli elementi in perfetto equilibrio (per citare il titolo che appare in copertina) che compongono le dieci tracce qui presenti. Formalmente ineccepibile, il disco però ha anche un piccolo difetto, quello di risultare in alcuni momenti fin troppo studiato a tavolino. In sostanza manca un po’ quell’istintività che avrebbe dato un po’ di pepe a tutto il lavoro. Tuttavia di momenti piacevoli ce ne sono parecchi. Come non citare ad esempio One small voice, che inizia con un sound vagamente a la Gotthard per poi disimpegnarsi in modo quasi progressive, o It’s forever brano lineare e scorrevole arricchito dal duetto di Marks con Michael Voss dei Casanova (che ha curato anche una parte delle backing vocals). O ancora Figth for my life, caratterizzato da un ritornello anthemico figlio diretto di certe produzioni USA degli anni 80 e il breve Johnny’s running. I brani top, quelli che hanno una marcia in più rispetto a tutto il resto, sono a mio avviso le due traccie conclusive. For getting over us è una “super” ballad AOR, molto romantica, con suoni caldi e una prova dietro al microfono di sicuro impatto. La giusta colonna sonora per un incontro galante o per un dolce ricordo (perchè si sa, sotto la corazza di metallo, siamo tutti dei romanticoni!). Winding road invece si presenta come il momento più marcatamente heavy dell’intero lotto. Musicalmente siamo dalle parti degli Elegy di “Supremacy”, con linee vocali che seppure siano meno ardite di quelle di Hovinga, danno occasione a Marks di mettersi in evidenza su territori più aggressivi senza mostrare segni di cedimento alcuno. Di sicuro impatto il ritornello, ripetuto più volte fino al finale, quando viene intonato con tecnica “a cappella” da Micheal Voss. Onestamente, forse per affinità personali, è il brano che più mi ha colpito e dal quale mi piacerebbe che i S.I.N. ripartissero per evolvere il proprio sound.

Tirando le somme possiamo dunque parlare di un buon prodotto e di una band matura, che sa confrontarsi con molta abilità tra tutte le sfaccettature del metal melodico. Sicuramente non hanno niente da imparare, devono solo continuare su questa strada e possibilmente sfornare un terzo disco che li ponga in modo inequivocabile all’attenzione dell’audience mondiale.

Tracklist:
1) Nail to the wall
2) One small voice
3) It’s forever
4) Walk away
5) Fight for my life
6) The reason
7) Johnny’s running
8) Nightwinds
9) For getting over us
10) Winding road

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