Recensione: Erdentempel

Di Tiziano Marasco - 9 Giugno 2014 - 0:24
Erdentempel
Band: Equilibrium
Etichetta:
Genere:
Anno: 2014
Nazione:
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85

Penso che fino al 30 marzo del corrente anno nessun gruppo avesse avuto la prontezza di spirito di annunciare nello stesso giorno l’uscita d’un nuovo disco e la defezione di due membri. Con buona probabilità i teutonici Equilibrium, di cui peraltro si aspettava un album da quattro anni, sono stati i primi. Gli Equilibrium che sono reduci da un disco piuttosto controverso come Rekreatur. Gli Equilibrium che più e più volte sono stati vittima del loro stesso capolavoro, quel Sagas che secondo i più mai riusciranno a ripetere.

Non male come biglietto da visita. I defzionari, come già detto a suo tempo, sono i fratelli Andreas Völkl e Sandra Van Eldik, che comunque rientrano a buon diritto tra i crediti di quest’album in quanto presenti in sede di registrazione. Dimissionari che sono stati definitivamente rimpiazzati con l’ingresso in formazione di Dom R. Crey (chitarra) e Jan Majura (basso). 

Biglietto da visita  da aggiungersi all’ep Waldschrein (la title-track infatti è presente nel nuovo Erdentempel) al singolo Karawane ed all’epico (a modo suo) video realizzato per Wirtshaus Gaudi poche settimane addietro . E se risulta chiaro che il video sia un semplice pezzo registrato a fini di ludo, risulta altrettanto chiaro che Waldschrein non lo sia per nulla. Una traccia godibile, con buona melodia catchy e buon mischiotto tra strumenti tipici e metal folkettone. I due episodi dunque lascerebbero presupporre che gli Equilibrium abbiano lasciato le atmosfere epiche degli inizi in favore di canzoni più compatte e debitrici di Fintroll o Korpiklaani. Ciò risulta innegabile per buona parte di Erdentempel. A cominciare da Was Lange Währt, che dopo un breve intro proietta subito l’ascoltatore in un turbine di basi massicce ma popolari, risultando rapida, diretta, ma soprattutto coinvolgente.

Fin qui tutto secondo i piani e le aspettative. Con Karawane le cose cambiano sensibilmente. Il suono rallenta, si fa più epico, si respira aria di montagna e compaiono paesaggi Friedrichiani, mentre Uns’rer Flöten Klang ci riconduce a quanto sentito in Waldschrein, un favoloso pezzo di metal da sagra (se esiste), godereccio ed ottimo da ballare una volta varcato il limite della quarta birra.

Ma la vera sorpresa è dietro l’angolo, ed inizia a materializzarsi con Freiflug, vale a dire “volo libero”, un titolo che rende molto bene l’idea del pezzo: cinque minuti di puro metallo epico ma non solo. In questo episodio infatti i bavaresi si rifanno molto decisamente al rock tedesco più classico. Non quello internazionale degli Scorpions, ma quello autarchico di gruppi come Die Toten Hosen, quello pieno di Sensucht e di cori da stadio, un po’ stucchevole e decisamente kitsch, e si sa i tedeschi il Kitsch lo hanno inventato. E il risultato è proprio così, stucchevole ed irresistibile, e viene ripetuto, a livelli strepitosi, nella successiva Heavy Chill, un pezzo il cui ritornello rischiamo davvero di sentirlo nei prossimi anni allo stadio durante le partite del Bayern (e magari pure del Borussia). Atmosfere maestose sebbene affettate, che funzionano benissimo e tornano ad esempio nell’ottima Wellengang (se riuscite ad aggiungerci certi Nightwish e la colonna sonora di Pirati dei Caraibi, ci siete), così come nella più sobria Apokalypse o nella conclusiva The Unknown Episode, prima canzone anglofona dei nostri, ma ennesima gemma di un disco senza punti deboli.

Ciò che veramente conquista di questo album però è la tamarraggine scanzonata da crucchi che regna dalla prima all’ultima nota, quella caciaronaggine bavarese che si respira quando all’Oktoberfest si monta sui tavoli con birrozzo alla mano. E la cosa sorprendente è che i pezzi di respiro epico non ne sono esenti, come vi lascerà intuire il break di trombe messicane su Heavy Chill, probabilmente la migliore del lotto. Al contrario, questi ultimi pezzi risultano anche più brillantemente divertenti, grazie ad una produzione iperpompata di testosterone che una volta tanto non rende il tutto ridicolo ma riesce a dare ad Erdetempel quel qualcosa in più. Dimenticate dunque la trucideria vikinga di Sagas  e sgombrate la vostra mente dall’idea che melodic-oriented sia un concetto negativo.

Perché proprio le premesse secondo cui, a rigor di logica e d’esperienza, questo disco dovrebbe essere un fiasco totale fanno di Erdentempel un album clamoroso.

La quarta prova dei tedeschi dunque, pur conservando il tipico sound degli Equilibrium, non ha la minima intenzione di competere con Sagas. Anzi, cerca nuove vie e ci consegna un gruppo rinato e nuovamente in grado di esprimersi ad altissimi livelli. Certo, abbandona le atmosfere tipicamente viking in favore di una formula di più facile impatto che probabilmente infoltirà le schiere di fan del gruppo, ma ben venga! La vera notizia è che tale scelta, visti i risultati, non risulta deprecabile. Date le defezioni di cui si è detto in apertura risulta difficile fare previsioni circa le evoluzioni discografiche dei bavaresi, nondimeno accogliamo Erdentempel come la prima autentica perla di un 2014 sin qui ricco di buoni dischi ma povero di dischi fantasmagorici. Un disco che rallegra le orecchie, alleggerisce il cuore e solleva i boccali (tanti e pieni di weizen).

 Fränzi, stappa la birra, abbiamo recuperato un gruppo dato troppo frettolosamente per disperso!

Tiziano Vlkodlak Marasco

 

Sito ufficiale degli Equilibrium

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