Recensione: Escape of Pozoj

Di Damiano Fiamin - 17 Ottobre 2011 - 0:00
Escape of Pozoj
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
69

Gli Johann Wolfgang Pozoj sono un gruppo croato, formatisi nell’ormai lontano 1994 dalle ceneri di due band, gli Intoxicate e i Grob. Sebbene non siano conosciutissimi all’estero, hanno già tre album all’attivo e sono riusciti ad attirare con il loro lavoro l’attenzione di una grande etichetta che si sta occupando di ristampare la trilogia di cui Escape of Pozoj è la parte mediana. I tre dischi fanno parte di un unico continuum narrativo che ha come cardine il mito indo-europeo del Pozoj, simbolico dragone che rappresenta l’evoluzione filosofica dell’idea, dal suo concepimento alla nascita, secondo lo schema tesi, antitesi e sintesi. In questo secondo disco, l’idea cresce e raggiunge la sua maturità, apprestandosi a concretizzarsi e a lasciare il regno della mente per entrare nella realtà. Il contesto filosofico è interessante, ma il fatto che la maggior parte dei testi siano in croato rende difficile l’approfondimento. Dal punto di vista musicale, i J.W. Pozoj, come amano sintetizzarsi, si aggirano in un territorio di black metal “sperimentale”, più vicino a Dimmu Borgir e Moonspell che a quello rigorosamente oltranzista della scuola norvegese. Inseriamo il disco nello stereo e prepariamoci a entrare nel mondo di Pozoj.

Il prologo iniziale, Vječno Robljem, è aperto da una lenta e cupa introduzione strumentale, un buio scivolo che, gradualmente, ci fa arrivare alla dissonante esplosione in growl di Borcic e compagni, vero e proprio punto d’unione con il brano successivo: Iz Grotla Života. La traccia è caratterizzata da un black metal abbastanza standard, non tiratissimo ma comunque coinvolgente e d’atmosfera. Gli strumentisti imbastiscono una struttura musicale d’impatto, inframmezzata da lamenti di spettri in lontananza; l’effetto finale è oscuro e malevolo, la melodia conclusiva non contribuisce a smorzare i toni, ma lascia un attimo di respiro prima dello strumentale senza nome che occupa la terza traccia del disco. Su una base di riff sporchi e batteria martellante, i croati strizzano l’occhio ai Dimmu Borgir e realizzano un buon brano, sicuramente più efficace dal vivo che in studio. L’innominato ponte musicale del pezzo precedente porta gli ascoltatori nel vivo del disco: Song of Pozoj pulsa direttamente dalle profondità della terra, picchia su una base ritmica sostenuta mentre gli altri componenti del gruppo si apprestano a intessere una rete che trascina l’ascoltatore in un buco afotico e oppressivo. Bel brano, certo non pecca di originalità compositiva, ma riesce a fare il suo sporco dovere. Il disco prosegue con Trpaš se po Mesima, sorella gemella della sua antecedente, sia dal punto di vista della struttura del brano, sia per la sua esecuzione. Il ritmo scende con l’arrivo di Careless Are Your Souls; complici le origini balcaniche del quintetto, il brano non può che portare alla mente Vampiria dei Moonspell! In effetti, inflessioni a parte, questo pezzo pare essere un omaggio ai portoghesi, più pacato dei precedenti, ha come caratteristiche principali il suono della batteria e la voce dilaniata del cantante. Scivoliamo in un abisso onirico con I Am the Forest, con la sua introduzione quasi ambient che sfocia in una classica esplosione black metal di cupa rabbia e primordiale potenza. Il brano è piuttosto lungo e continua a tenere alto il ritmo fino all’ultima parte dove rallenta e torna a muoversi su terreni più eterei, ideali punti di partenza per l’ascolto dell’ultima traccia: Prstima Prelazim Preko Tvoga Tijela…, lunghissima e riuscita conclusione. L’arpeggio iniziale si affianca a una voce pulita e intimistica si protende viscosa verso un lamento malevolo e avvolgente, che avvinghia l’ascoltatore e lo fa sprofondare lentamente verso il buio. Ci vogliono sette minuti per far sì che l’energia repressa trovi il suo sfogo naturale e si lanci in una cavalcata che porta allo sfumato finale, vero e proprio termine dell’ascolto.

Cosa rimane dopo quasi un’ora di musica? Escape of Pozoj è un album più che discreto, sia dal punto di vista concettuale sia da quello esecutivo. E’ un po’ eccessivo definirlo black metal d’avanguardia, non ho rilevato grandi sperimentazioni in quanto sentito; tuttavia, è un prodotto valido, in grado di farsi apprezzare da chi è alla ricerca di qualcosa che non suoni troppo trito e ritrito. Alcune incertezze dal punto di vista della registrazione penalizzano leggermente una produzione che, però, raggiunge pienamente la sufficienza; ancora un piccolo sforzo e i croati saranno sicuramente in grado di realizzare un prodotto eccellente, devono solo trovare la forza di affermare il proprio sé oltre le influenze che hanno avuto durante il loro periodo di formazione.

Damiano “kewlar” Fiamin

Discutine sul topic relativo

Tracce:
1. Prolog: Vječno Robljem
2. Iz Grotla Života
3. — (instrumental)
4. Song of Pozoj
5. Trpaš se po Mesima
6. Careless Are Your Souls
7. I Am the Forest
8. Prstima Prelazim Preko Tvoga Tijela…

Formazione
Filip Fabek- Chitarra
Marko Balaban – Chitarra
Ivan Borcic – Voce
Slaven Milic – Basso
Luka Kovac – Batteria

Ultimi album di Johann Wolfgang Pozoj